Striature rosa antico in un cielo ancora per poco azzurro, il buio si fa spazio per portare il mistero della notte in un pensiero tenebroso, la vita nuoce alla salute.
Necessita di istruzioni per l’uso per le ali un passerotto ingenuo e si odono urla in lontananza e una musica araba completamente fuori luogo e fuori dal tempo.
Il caos della notte copre il silenzio di una tranquilla giornata di fine estate, chissà quante ancora potrò ascoltarne, chissà quante respirarne.
Quanto rosa in una vita, quanto rosa è l’anima dopo tutto questo cammino.
Le scarpe consumate si gettano sul fianco di una montagna tentando di scalarne il terreno secco e polveroso, poi torno qui.
Il viaggio è stato solo nella mente, ma ho volato davvero.
Ecco, il buio. Gli occhi non servono più.
Questo imprecisissimo attimo di quiete
che ho eletto eppure abbracciato
stava per svanire felice
a margine della rappresentazione
della commedia dal titolo
Peccato sia morto perché in pochi sanno cantare
Non ti preoccupare
va tutto bene
intanto si alza il prezzo
ecco un esempio
per dire le cose più precise
tagli fino all’imprecisione
Ma certe cose si riparano
così dice il testo
peraltro revisionato
E scrivi che qui si scrive
e scrivi il non farsi capire
ma non esiste il farsi capire
non so se vuoi capirlo
Questa pagina è un diario esploso
che chiude la vicenda
che all’inizio disse
non so scrivere altro
e poi scrisse altro
Ti ho tenuto compagnia
adesso suona
Un colore di vento
Mi spinge a cercare risposte
Di grigio sereno alza il suo profumo
Sul mio essere sempre presente
Il passato è recente
Divora ogni cosa
Si butta su un cielo indecente
Non voglio remoti o trapassati
Ora e adesso
Mi intrappolano divento
E sono una striscia di sole
Di una estate finita immortale
Vedo stelle ricoperte di piccole storie
Settembre è normale
Asciutto non ha piccole ferite
Nel cuore
Mi aiuta a guarire
E il mio nome chiamato
Risponde sei tu quel chiarore nel buio?
Ti ricordi
quei discorsi fatti di niente
dal respiro di mesta armonia?
Scoprirci infiniti
solo per il fatto di esserci trovati,
rifugiati in una grotta solitaria
lontano dal rumore delle strade,
meravigliati d’esistere?
Sapranno guardarsi come noi
dopo mille anni?
Ci sarà quell’istante tardivo
ad ospitare il tremore
delle mani tese degli innamorati?
Un cielo per due nuvole
un orizzonte per gli sguardi?
Una notte
che si trasforma in favola
e non ha paura
di morire al mattino?
Ti ricordi, sì.
Forse ero atomo incompleto,
bisognoso della valenza giusta,
organismo monocellulare,
in corso di sviluppo,
virus in pericolo,
alla ricerca della sua salvezza.
Oppure farfalla,
luccicante nel sole,
dopo aver
squarciato il velo.
Quando ero lupo
annusavo l’aria fresca,
il pelo intirizzito,
mai sazia di vagabondare.
Sono stata arcobaleno,
curva nel cielo,
foriera di gioia
per il pericolo scampato.
Una volta ho nutrito
il suolo assetato,
ero acqua che
piombava giù provvidenziale.
Le mie foglie hanno
nutrito animali,
quella volta che sono
stata albero.
Questo siamo,
animati da
elementi della natura,
rimescolati e reinventati.
