LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala lettura – settembre 2021

Noi non vediamo nemmeno
il Regno delle Terre
lì dove sorse la parola No

Ma siamo abitabili come un’attesa
senza una canzone buona
per il ritorno

Presto vengono a trovarci


La visione non è il potere
ma c’è una pianta spergiura
che complotta crescendo

Chiudi l’occhio che usi di meno

Vedi bene che ho per le mani
segni poco sfrontati
che qui fingono di risuonare

Il mio ufficio li forza insieme
in un modo mondo immemorabile
fuori uso

It’s up to you

A cosa serve il Poeta
quelle belle domande pianeggianti
che investivo un tempo

Nel buon vecchio Regno dei Cieli

Dove siamo stati infelici
e pacificati

Per ricevere Amore
devi mettere in gioco
tutto ciò che hai
e rischiare fino all’ultima goccia
il tuo sangue e ogni singolo verso
che con esso hai scritto
su pagine bruciate di vita

Solo allora lo meriterai
solo allora lui ti meriterà
quel giorno in cui
non avrai più riserve
il giorno in cui avrai messo in gioco
tutto ciò che sei
tutto il coraggio che hai

Solo allora vincerai

È piccola umanità
dietro la cortina
della nebbia che sale la mattina
come miopia
di piccolezze accumulate

È piccola umanità
che gravita nel tempo che fu eterno
e tale si crede pur già di terra sotterrata

È piccola umanità
che transita nel prodigio
di un mondo che non le appartiene
e che – tuttavia – approda a distruggere ​

È piccola umanità
che continua a piangere solitudine
mentre persiste nell’affogo di se stessa
dentro obbrobrio di brutalità e nequizia

È piccola umanità
che a guardarla
divora la speranza
fin quasi ad aspettare
di altro diluvio purità


Raccogli tutti i tuoi ricordi in una piccola valigia per la fuga al contrario.
Segui il binario dal senso opposto.
Senti l’odore corposo delle terre che tutti abbandonano.
Guarda il margine del famigerato confine mai visitato da nessuno, guarda come si estende
all’orizzonte.
Poche strade affollate e troppe steppe selvagge emarginate dal gusto comune.
Vi sono falchi fuggiti dalle gabbie
volano nella radura arida e folta
Scappano alla vista d’ogni creatura
che sembra dal mondo troppo coinvolta.
Piangono sulle cime più alte la profonda solitudine e conoscono l’amaro della libertà.

Conoscono il sacrificio di riconoscimento insaziabile della propria identità.
Per essere falco la radura è sola possibilità.


Ripiego accuratamente
ricordi di cristallo,
il mio sguardo protegge la fragilità
della loro trasparenza.
Non lascio che si mischíno
a dimenticanza.
Alcuni profumano
di mattino presto
colazioni frettolose
corsa verso il sogno,
la luce tra le pieghe del lenzuolo blu.
Fragranza floreale tra i corpi
che riportano la primavera.
Agosto,
tra i respiri che allargano il petto
di voglie e desideri,
ricordo piegato in quattro
rimesso nei miei ieri.
Un giorno lontano, futuro,
nascosto dietro tende di lino
speziato di essenza di vaniglia
come in un film muto
lo scenario
mi riempirà gli occhi di te.

Era d’estate e prima della sera
scendeva il sole immenso e solitario
sul mare muto, innanzi alla scogliera.

Oltre le dune dorate il millenario
greco sonno dormiva Camarina.
Da bambino, per nulla temerario,

m’allontanavo dall’onda marina,
mi trattenevo con zii e cugini.
Una voce da una radio vicina 

come l’eco d’antichi vaticini
Run away, turn away… mi ripeteva.
Non so da quali remoti confini

giungesse l’eco che mi seduceva.
Come discesa dall’olimpio monte
una ciurma di giovani giocava

rincorrendosi contro l’orizzonte,
sorridenti tra l’acqua cristallina
che si gettavano tra lor difronte.

Nella luce del sole che declina
ancora un po’ si mostrano gli dei
​quasi dappresso alla città in rovina.

Se fu un ricordo o sogno non saprei.

    Madre 

    Ho messo delle foto

    Tra me e te   
    E ho disegnato prati del mio colore preferito   
    Ho messo tra il dolore   
    E la tua lontananza   
    Dei fiori colorati di maggio   
    Ho messo delle immagini  
    Di noi per ricordarmi  
    Che vengo da te   
    Non c’è traccia di parole   
    Di morte   
    Siamo vento leggero noi due   
    Profumato di lenzuola   
    Asciugate al sole   
    Ho messo note delicata   
    Per cantare   
    Sei rosa   
    Tra le rose che tu hai piantato  
    E il mio amore per te   
    Colora la vita   

Sfarfalla, davanti agli occhi
Quella luce furibonda
Rastrella pensieri pneumatici
                        Il vuoto

Maldestri tentativi
Di
Utilità
                        La noia

Minuti di vento e spazi
Fari di ricordi
                        La paura

Silenzi rotti dal
Ticchettio delle sei
Il ventilatore che gira
I raggi che spezzano in due
La stanza
                          Il buio

Dentro
Suoni di plastica
Pulsa il sangue
Raschia via
La sorte
Chi sono?
                          La fine

Non chiederti perché.
Piove.
Il tuo cuore non ha retto.
Fiumi di lacrime
a ricordarti che sei vivo.
Potevi fare di più.
Essere di più.
Vivere fino ad accorgerti
che ciò che conta
è essere.
Camminare. Respirare.
La vita è semplice.
È qualcosa di così grande
che facciamo fatica a capirlo.
Non chiederti perché.
Piove.
Piove sui tuoi sorrisi.
Piove sui tuoi guai.
Anima pura,
non chiederti perché.
Non c’è una spiegazione.
Pensa soltanto a respirare,
pensa soltanto a vivere.
Vivi adesso.
Adesso, o mai più.

Scivola via l’estate
Fra le ali di un gabbiano
Il cui volo
Abbraccia cirri
Che avanzano.
Scivola via
Sulle gocce di sudore
Che hanno bagnato le ore
Lente
E sugli sguardi persi
Tra le stelle.
Si rinnovano
Le promettenti attese
Nuove, continue, sempre uguali
Nel loro succedersi.
Nel guazzabuglio della risacca
Immergo le mie malinconie
E l’orecchio,
Teso all’ascolto di me stessa,
Per un attimo
Ascolta solo il mare
La sua perenne forza
La sua totalizzante pienezza,
Che non sa bluffare
E scivolo via
Anch’io
Sulle onde
Leggera.

Come nubi figlie d’un sogno potessi or volare,
lasciare qua le lacrime ed i pesi,
i fili tesi delle mie ansie sciolti
al sole che si cela oltre le nubi.

Ho invece da vivere il riflesso sbiadito
d’un uomo e riempire immagini austere
di giornate che fuggono gli affetti.

Ho voluto esiliarmi di silenzio
sconfitto da nessuno e coprirmi d’orgoglio
e di vergogna, senza lume.

Perché così presto volto al martirio
sotto nessun segno, senza frasi
e sopra i resti di false bandiere,
con la cenere sul volto, perché?

La vita è in fondo un’attesa
tra ciò che non fosti e ciò che non sarai.

La morte sfibra mentre si osserva il nulla
sorgere dal niente e ritornare, insensibile.

Come annegando cerco ogni inutile raggio di sole,
disperato anelando luce, fuggo stanco dal sole.

Non posso fare a meno
di guardarti e pensare
che sarà per sempre.
In questo abbraccio,
i nostri occhi non si guardano,
ma sono rivolti verso
lo spettacolo di cui facciamo parte.
Il Sole che lentamente si tuffa
in questo mare,
quasi a volergli sussurrare
“Non posso esistere senza di te” e,
ripetendogli questa promessa di eterno amore,
lo bacia e si perde in lui.
Ecco, io per te, voglio essere come questo mare,
illuminato da un amore prezioso e caldo,
unico nel suo bagliore e
nella sua intensità.

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