LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Settembre 2020

I poeti che invecchiano

hanno una lunga stagione finale

 

Hanno capito finalmente tutto della vita

ammettono anche me al loro circolo

dove continuo a non salutare nessuno

 

Fuori c’è il mondo di fuori

al quale pensavo da poeta

giovane di voler approdare

 

Ma allora c’era un altro silenzio

e forse intendo quello in me

quello pensato

 

Torniamo a noi

in un solo lungo verso finale

 

Questo è solo un inno ai fiori ignoranti di settembre

Lascia andare

per quanto ti sforzi

per quanto tenti di serrare le dita

l’acqua scorre e riuscirà a passare

 

Lascia perdere

i tuoi pensieri ti torturano

la rabbia per le ingiustizie

ti impedisce un sonno sereno

 

Lascia andare

 

In questa vita non otterrai giustizia

in questa vita non abita giustizia

ma è lunga l’eternità

cosa sarai domani?

 

Quando ti nasceranno

due splendide ali di farfalla

quando il peso del tuo essere

non ti inchioderà più a terra

 

Allora volerai

 

E sarà un volo senza fine

per amici solo i fiori

la bellezza di uno sguardo

il riposo di una mente che fu umana

Ho provato a immaginare

il suono del silenzio,

inesorabilmente,

il vuoto nella mia mente.

 

Echi lontani risuonano dentro:

“Chi sei tu che mi riecheggi dentro?”

Abbraccio la tua assenza,

consumata da pensieri,

macinata in piccoli grani,

sepolta dai chilometri.

 

Ho stretto più forte,

senza mai lasciare andare la presa.

 

I tuoi occhi a distanza,

seguono i miei giorni,

lenti,

inesorabili,

vuoti.

 

Ho provato a disegnare

ciò che provo,

ma la matita è tremula

i contorni poco definiti.

Una promessa?

Una speranza?

L’attesa.

Scruto il mare,

quelle onde si infrangono

e ricominciano

con tenacia:

spumantine bolle salate

luccicano e si scontrano

in clinamen.

Nasce la vita.

Che mi offristi,

in concitata lotta.

Ed io ti guardo,

seduta su sassi

che mi fanno male.

Tu infrangiti ancora:

presto i venti del Nord

ululeranno sotto altri cieli,

E Tu,

luccicherai di calma

ed io,

sorriderò. 

Era un pò di tempo che il lavoro di Tony Mal andava malamente al ribasso, non che ne fosse preoccupato ma iniziò a farsi qualche domanda e a chi chiedere lumi se non alla sua amica musa ispiratrice?

-Tatiana come puoi io e te dobbiamo parlare.

-Tony se vuoi anche subito, mi vesto e fra dieci minuti sono da te.

Tatiana aveva capito che c’era qualche problema, non gli chiese nulla e lo raggiunse.

-Tatiana è un po’ di tempo che il telefono non squilla, nessuna mi cerca, giro per strada e nessuna mi tampina e mi ammicca, insomma il mio lavoro è una pippa che stecca.

-Beh, un pò di riposo al tuo coso non guasta, non sei contento?

-Sì, hai ragione ma il conto in banca è profondo rosso e non vorrei tornare a come ero qualche tempo fa e poi, grana a parte, mi mancano quei grandi momenti eccitanti a suon di musica e ritmo, ma secondo te che è successo?

-Tranquillo, anche io non me la passo bene, di questi tempi i contatti sono distanziati, tutte le attività ne hanno risentito, vedrai che presto tornerà la normalità.

-Ma quando?

-Non preoccuparti, nel tourbillon dei forti poteri, nel fulcro del mega factotum di fiorellin in fiorellin san quello che fanno e come per magia risolveranno tutto e tutti vissero felici e contenti perché l’amor limiti non ha.

-Mè cojoni! Mò pure poetessa sei diventata?

-Stupidino che non sei altro, ma non è l’amore che ha salvato te?

-Beh, già.

-Allora Tony Mal sai qual è la novità?

-Qual è?

-Che mentre aspettiamo che passi la tormenta io e te facciamo altro.

-Per esempio?

-Hai notato che nei media quotidianamente troviamo solo brutte notizie?

-Solo brutte notizie e allora che idea hai?

-Da domani io e te scendiamo in piazzetta, ce ne andiamo a quell’angoletto, montiamo sulla panchina e come cronisti post moderni molto fashion cominciamo a dare a tutti gridando a gran voce in diretta solo buone notizie, venghino signori venghino che Tatiana e Tony hanno buone notizie!!

-Mi sembri un po’ matta, ma le buone notizie dove le prendiamo?

-Ci sono Tony, ci sono Tony basta trovarle, basta fare un passaparola, basta guardare e vedere in positivo, basta cambiare canale e sintonizzarsi sulle onde dell’umanità che ancora c’è.

-E vabbè ma ammesso che funzioni, noi che ci guadagniamo?

-Sei proprio un babbeo! Prima di tutto guadagneremo il sorriso della gente e se la gente ride è felice e se è felice spende i soldi, la pecunia gira, la gente lavora e fa all’amore perché caro mio chi non lavora non fa all’amore.

-Questa battuta già l’ho sentita e inoltre la minchia nun vò penzieri.

-Tony, volgarmente parlando può anche essere così.

-Ok, quando cominciamo?

-Adesso, forza diamoci da fare, tuffiamoci fra la gente e ascoltiamo le loro parole più felici, di sicuro troveremo belle notizie

-E come la mettiamo con il distaccamento?

-Ci manteniamo a distanza di sicurezza come da regolamento subsonico e poi non ho mai visto un sorriso infetto.

-Infatti vedere sui media tutti quegli sguardi truci, afflitti, gnontosi che fanno la classifica delle brutalità sulle notizie più fetenziose mi mette un angoscia che quasi mi sento male!

-Venghino signori, venghino, solo da noi le buone notizie!

E voi amici lettori la tenete una buona notizia? Ditela a Tatiana e a Tony Mal e ci penseranno loro a passarla di sorriso in sorriso.

“Toc toc?”

Sì, vieni avanti

Entra nel mio castello

Ci abito da sempre

Lo vedi quanto è bello?

Entra e siedi pure

Su un bel sofà di sogni,

L’ho preso a prezzo scontato

Al magazzino dei ricordi.

“Toc toc?”

Sì, vieni avanti!

Ti piace il mio castello?

Di sabbia sono i muri

Di ciottoli gli arredi

Di legnetti il bel tappeto

Su cui poggiare i piedi.

“Toc toc?”

Sì, dai fai pure

Ti puoi accomodare

Se hai voglia di tuffarti

Vicino c’è anche il mare.

La vita in fondo è questo…

Speranza ed illusioni

Se di abitare un castello di sabbia

Puoi scrivere ed immaginare

Nessuno potrà fermarti

Quando spiegherai le ali

E inizierai a volare.

A volte mi capita 

al risveglio 

di domandarmi dove sono.

Dove sono?

In una vita già a lungo frequentata 

intenta a coprire vuoti.

Dove a volte mi serve coraggio

per aprire gli occhi

e dove a volte 

gli occhi fremono di entusiasmo 

dove non sempre do un senso 

al respiro

e forse è lo stesso respiro

il senso…

il vostro.

Voi che eravate embrioni 

di vita e di pensieri 

voi che avete preso forma,

corpo, forza, fragilità,

e mi assomigliate.

Voi che a volte 

l’amore mi scoppia nel petto 

e mi gronda dagli occhi.

Dove sono?

Ci siete voi

sono nel posto giusto.

Ti racconto come

l’indecisione del mattino

ti dipingeva il volto

consegnandoci le chiavi

segrete del giorno

con la matematica

del vento

scritta negli occhi

recitando parole in cui,

scambiandoci un’eclissi

fra antidoto e veleno,

fioriva l’oro del tempo

ed eravamo

lì da sempre i

giovani spiriti del fiume

ma esperti, abituati

all’immobilità del movimento

al silenzio del rumore

all’indecifrabile noi.

Tempo, 

rimani sempre 

il mio più grande alleato,

nonostante spesso 

ti consideri 

il mio acerrimo 

e temuto nemico

Come dice Pavese

è bello avere un paese

che resta ad aspettarci

quando non ci siamo

perché ci ha concesso il gusto

di andarcene

 

Lui resta lì

a custodire quello che ci appartiene

in attesa del nostro ritorno

 

Non è facile tornare

ora che non ci sei più tu

al gradino della piazzetta

o al largo della fontana

a far due chiacchiere con gli amici

pronto a lasciare qualsiasi discorso

per correre da me.

 

È doloroso non vedere più quel sorriso

fiorire sulle tue labbra appena mi vedevi

e accendere i tuoi occhi

come stelle nelle notti serene di San Lorenzo.

 

I baci e gli abbracci

non ci sono mai piaciuti molto

ma gli sguardi quelli sì

e dai tuoi leggevo tutto il tuo amore

per me.

 

Anche emozionarci con le parole

non era il nostro forte

ma il tuo “come va?”

mi spalancava un mondo.

Non serviva altro

due semplici parole

un mondo di significati

Come stai? Sei felice?

Va tutto bene?

Cosa ti manca?

Io sono qui.

Ti ascolto.

 

E poi le lunghe chiacchierate

e le tue domande

quando volevi sapere di più di me.

Non eri mai invadente

mi hai sempre rispettata

mai giudicata,

sino alla fine,

anche quando le mie scelte sviavano

dai valori respirati da te.

Eri fiero di me

e io di te.

 

E ora mi chiedo

quando anche la compagna della tua vita,

l’altro amore della mia,

non ci sarà più ad aspettarmi

dietro alla finestra,

io avrò ancora il coraggio di tornare?

 

Dammela tu la forza di fare ritorno

a queste rocce, a questi vicoli,

a queste persone

che ti hanno conosciuto

e conservano qualcosa di te.

 

Dammela tu la forza

per incontrarci ancora.

Di nuovi disincanti

si riempie il mio cielo

di altri ostacoli, la rotta

 

Non è il caso di smettere

con la speranza e la voglia

 

Nuovi impulsi e nuove spinte

decorano il cammino

 

Vedo ancora un senso

 

Prendo un frammento di luce

e ricomincio a seminare gioia

 

Niente è perduto

per le anime fragili

abituate a mille rinascite.

Accarezzo il pensiero

perché non ha pelle

non ha confini da colmare

la mente

 

In ciò che non vedono

io sono

nell’assenza

la mia presenza

 

Dal vacuo protetta

la mia onnipresenza

 

Nello spazio dell’immane vuoto

ne occupo l’interezza

 

Dal tempo ripudiata

perché di eternità venerazione e peccato

Sei stanco

in questo corpo armato di pazienza

tessuto antiTutto

pieno di sogni.

Vedo qualche angolo che sporge,

lo riconosco dallo splendore

che sfida la materia grigia.

Un piccolo lembo di ribellione.

Metti le mani in tasca

per proteggere l’audacia

dei tuoi sentimenti.

Sei stanco,

ma quanto Sole, t’investe,

e ne rimane sottopelle

come un tatuaggio

di promemoria alla felicità.

Chi si ferma a guardarti

non può ignorare i crateri

pieni di furiosa lava

che ribolle e sputa fuori

le tue passioni. 

Per la vita. 

Per il bello. 

Non permetti la scelta 

di essere ignorato. 

Flusso di sangue Inarrestabile 

incatenato nella statura di un uomo. 

Ti trovi? 

Resta.

Virennu ca l’acqua iera troppu brurusa

pinsai: “uora ‘a fazzu srìnciri ‘npocu”;

misi a pignata co’ cummogghiu chiusa,

rapìu ‘u gas e c’addumai ‘u focu.

 

Quannu ugghìu ci livai ‘u cummogghiu

pi fari sfugari ie nesciri ‘u vapuri;

a parti pigghiai ‘a buttigghia ‘i ll’ogghiu

pi falla cchiù bbona ie ddàrici sapuri.

 

Fici passari ch’iassai ri ‘n’oretta;

quannu pinsai ca pronta già iera

stutai ‘u gas girannu ‘a manetta,

pigghiai ‘u cucchiaru c’a ‘nsalatera.

 

Uora pinsati ‘a facci ca fici

quannu, mittennimi ‘a pignata ravanti,

tutt’orgogliosu, cuntentu e felici,

visti ca rintra iera tutta vacanti!

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