LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – settembre 2019

Ho raccolto

il mio sorriso da terra,

a volte scivola via,

e l’ho riposto

dove il suo nascere

è luce

come una stella

vicino alla luna.

L’ho raccolto

nei tuoi occhi

profondi e scuri

che a guardarli

il cuore gioisce

occhi che raccontano di te e di me

figlio mio.

L’ho raccolto

in un abbraccio

che è amore, calore

e dove vorrei

rinchiudermi

ogni volta che,

spaesata,

cerco rifugio.

L’ho raccolto

nel tuo ridere,

e non mi importa di cosa,

io rido con te.

All’altezza del diaframma
mi hanno segato il respiro
e fu un dolore mai provato,
sconosciuto,
amaro e metallico.
Le mie silenziose urla
fatte di fibre e di vene
prive di sangue
hanno toccato il cielo
graffiando la quiete
e il blu,
quell’apparente calma ingannevole.
Mi sono sentito solo
circondato da un mondo
piccolo e meschino
schiavo di cose inanimate
per riempire scaffali di vita morta.
La polvere che mangia oggetti
non può ridarmi la vita.
Mi sento a metà.
La mia altra metà
frantumata tra le mani dure e spietate
di chi plasma l’inutilità.
Io volevo vivere.
Respirare.
Quel raggio di sole
che ogni mattina mi salutava
era un amore impossibile
ma bello.
Adesso sento che fa
una carezza sul mio cuore scoperto…
E anche se non mi vede,
io sorrido.

Sono alla ricerca dei pezzi

del puzzle che una volta

sembrava raffigurare

la mia mente

 
Li ho nascosti talmente bene

che non si vedono più

 
Ma il puzzle

dev’essere completato

come lo spettacolo della vita

deve andare avanti

 
Nonostante i dolori

nonostante le risate

nonostante la gioia

che mi occupa tutto il tempo

 
la mia priorità dev’essere

la ricerca dei maledetti pezzi

nascosti così bene

da non riuscire più a vederli

 
Mi danno per la loro assenza

ma stai a vedere che

la gazza ladra li ha rubati

per aprire il suo becco

e lasciarli cadere giù

 
proprio lì sopra

sorvolando

il grande puzzle

del mondo

Al centro di parole profanate

respiro amore e morte immaginata

si danno il cambio da pochi millenni

 
La testa abbandonata la scintilla

rilegge un libro di stagioni perse

il malinteso è il risaputo dio

 
Non detto si agita dietro una porta

ciò che è passato e che ormai non resiste

divide il detto dall’ancora detto

 
Ma dovrei finalmente uscire io

Qualcuno continua a dire che le parole non servono, ma forse lo dice perché alla parola non ha dato il giusto peso.

In queste parole, che ora, che già da quando hai letto “qualcuno” sono diventate impulsi elettrici passati dal mio cervello al tuo, trovi la dimora del mio Io.

Io Vivo qui, perché qui per sempre vivrò.

Il mio corpo cammina sulla terra, non  la mia terra, la nostra, su cui non esiste una “mia” vita, perché sto respirando l’aria che tu hai lasciato uscire dai polmoni.

Le mani che si cercano fanno rumore e gli occhi sdraiati sull’orizzonte lontano danno vita a un altro passo.

Abbiamo il dovere di andare incontro alla nostra paura, di essere per diventare chi siamo, di porre le basi di chi saremo un secondo dopo la nostra riscoperta, di trovare gli angoli bui per viverli e raccontarci.

E dobbiamo dirci, ogni giorno, “Io sono poesia, passione, azione, evoluzione nel perpetuo moto di  ritorno all’origine, origine del mio domani, domanda senza risposta, ricerca senza pretesa.

Io sono la pacata attesa di ciò che sarò.”

Non sono solo, perché ci sei tu.

Quindi nemmeno tu sei solo.

Scrivilo, se puoi.

Scrivilo ogni volta che puoi.

Anche ogni secondo.

E sarai Vivo.

UN ATTIMO di Giovanni Barco

Un attimo.
Ti trovi incastrato dai suoi occhi in un attimo.
Credi che sia giusto far finta di niente, dimenticarla.
Ma poi sai che non è vero.
Vorresti esserci per lei, coccolarla, proteggerla.
Come una rosa in mezzo alla tempesta.
Non sai come andrà a finire.
Sai solo che insieme potete portare un raggio di sole.

Le danze intorno
al fiore magico del sesso
propiziando sòrti e
rigenerazione:
tribù dentro di me
alla cerimonia del
colore
cancellano un’educazione
per sollevarne un’altra.
Viaggia il graffito
del mio nome
che ambisce a chiamarsi
nazione:
un’idea di progresso
mai coniata e
mai barattata
per utopie di sete
e conquista.
Le danze intorno
al fiore magico del sesso,
le tribù dentro di me
bruciano il ritmo
di un mistero solo
che parla e interroga
l’archeologia del
mio segno.

Mi accorgo di volerti bene

quando litighiamo

quando cerchiamo di chiarirci

quando per una volta

le nostre idee non coincidono

mi accorgo di quanto sei bella

quando potresti far valere una ragione

ma un attimo prima della collisione

fai un passo indietro

un attimo prima dello scontro

non usi la spada per ferire

scegli un’altra strada

e tiri fuori uno dei tuoi sorrisi

mi accorgo di quanto vali

perché anch’io tendo a disinnescare

pensando: cosa me ne faccio delle armi?


Se fossi un pittore
dipingerei le ombre,
dipingerei le sfumature
dei colori,
dipingerei gli aloni
intorno alle cose.
Se fossi un pittore
dipingerei il sole,
dipingerei la luce
che si abbatte sulle piante
e rende i colori
più vivi meno vivi
più verdi meno verdi.
Se fossi un pittore
dipingerei il riverbero
dell’acqua
che si muove al vento
e che crea strisce,
strisce di illusioni.
Ma non sono un pittore
riesco solo a giocare
con le parole,
parole di tutti
i colori.

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