LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Settembre 2018

Rimangono chiuse.

Taciturne.

Spietate impronte

Feroci echi vaneggianti

Crudeli reminiscenze

Sadici boati dalle orme troppo fresche.

 

Le ripercorro

Ma nulla posso

Perché non salgono.

Mi lasciano nascosta,

assente, scomparsa.

 

Sono scomparsa perché sono muta.

Sono viva perché vomito pezzi d’anima

(perché) violo – finalmente –

La verginità inutle

Del silenzio contenuto

Nel candore bianco del foglio.

Era poco più che un ragazzo

ed era già folle.

La mala-chimica,

sua sola amica,

lo ha tradito un’unica e irreparabile volta.

 

Eppure in quelle condizioni

fra arresti, farmaci e medici

la sua piatta vita ebbe ai miei occhi

un risvolto di libertà.

 

Quel sentimento di estrema scocciatura di tutto

che porta l’inconscio a diventare il volto

consueto e più visibile,

gli fece urlare a torso nudo in piazza e

con sguardo vitreo:

 

“Le carte fanno il destino degli uomini!”

 

E nella paura

finta indifferente dei più,

io,

ci vidi saggezza.

Cosa più dovrei dire

dove anche i rari gesti sembrano molti e

notando il veloce scorrere,

quasi spettatore,

che emerge nelle distanze ultime.

 

Noi pelle e aria o vuoti d’acqua poi,

per essere noi e il niente.

 

Essere alla ricerca dell’immediato, come

non dare tempo allo straordinario,

come alla conquista girata di schiena.

 

Di astuzia ne abbiamo piene le tasche.

 

È vero come è vero che

dove tutto è non è per sempre.

Siamo eternità nelle logiche

e nel fine di ogni volta.

 

L’eterno reale

che muta e cambia lasciandosi coerente.

Non esistono isolati eterni

a corrergli appresso come se fosse unico disegno

e dovendo sempre,

ma non è mai per sempre,

essere assoluto.

Delle stelle

ne sa l’astronomia

dove sono

come sono

cosa sono

quando cadono

e perché

 

Delle stelle

ho visto

la scia luminosa

e il tonfo

l’ho nel cuore

in emozione

 

Delle stelle

brillare come

i loro sorrisi

ho visto

il luccichio

e gli occhi

affascinati dallo stupore

 

Delle stelle

un tetto

e noi

spensierati e vivaci

tra risate e burle

 

Delle stelle

se guardarle

è magia

allora

lasciami qui

e raccontami

una favola

o scriverò una poesia…

Se fosse possibile

farei una scorta

delle cose

che mi potrebbero mancare

o in certi momenti

scarseggiare.

Aprirei una dispensa

dove anziché farina e zucchero

metterei la tenerezza

ripiani di gentilezza

contenitori di gesti di amore.

D’amore mi riempirei

anche le tasche

e ogni tanto

ne tirerei fuori un po’

così,

per riscaldarmi il cuore

potrei elargirne in quantità

e regalarne a piene mani

ai più poveri

di sentimenti.

L’asinello ed il pastore

Sul sentiero eran di casa

Quando a un certo punto un gatto

Sulla strada si fermò…

“Qual buon vento dove andate?

Mi son perso in passeggiate

Se rientrate al mio villaggio

Un passaggio prenderò”

“Ci dispiace signor gatto”

Sbottò subito il pastore

“Ma ci sono tante ore

Per tornare fin lassù”

…”Lassù dove? non l’ho detto

Disse furbo quel felino

Del villaggio non sai il nome

Ma di già mi dici no!”

…L’asinello preoccupato

Guardò subito il padrone

Conoscendo il cianciarone

Che non era mai gentil:

…”Ce la faccio non temere

Aiutiamolo a tornare

Un po’ d’acqua fammi bere

Poi possiamo ripartir”

…”Non guadagno e farà peso

Perderemo sull’orario

E magari pure il pasto

Anche offerto lui vorrà”

…”Quante storie è solo un gatto

Pesa quanto un ramoscello

Mangerà quanto un fringuello

Che fastidio mai darà?”.

Il gattino tutto stanco

poverino lui aspettava

E sperando in quel passaggio

Disse subito al pastor:

…”Stai tranquillo mangio poco

Contenuto è anche il mio peso

Ma se in caso ti sei offeso

Non disturbo e avanti vò”

…”Non c’è posto mi dispiace

Abbiam fretta e siamo pieni

Se tu sali poi mi freni

E in ritardo io sarò”

Così presto ripartito

Discutendo e rimbambito

Non si accorse che la strada

Poco avanti lui sbagliò

…”Ricordavo c’era un faggio

Sul sentiero del villaggio

Bello pieno assai di matti

Qui soltanto ci son ratti

La farina dentro ai sacchi

E il formaggio ruberan”

…-Se l’aiuto davo al gatto-

Pensò subito il pastore

-Ora mica sarei matto

Nel cercarli di scacciar-

 

Basta poco ad aiutare

Quanto tanto a rifiutare

Ma se un prezzo gli darai

A pagarlo sarai tu…

Non si parla di me o di te.

Si parla di noi, ed è ben diverso.

Parliamo del tempo strappato al riposo e dedicato al pensiero, quel percorso che ha come prima tappa il petalo, come seconda le foglie, poi lo stelo, le radici, la terra, le pietre, il magma, l’estinzione, la rinascita, l’incapacità di fermare il tempo, la fotografia, l’attimo, l’eterno.

Non si parla di me e di te.

E nemmeno si parla di noi.

Si parla di chi vive fuori dalla bolla che chiamiamo “la nostra vita”.

Ed è ben diverso.

Ad un centimetro da qui sottovoce pronunciano le parole “libertà”, “attimi”, parlano delle fotografie che fermano il tempo, dell’impossibilità di rinascere, di estinzione, incendi, di pietre, terra, radici, stelo, foglie e petali.

Parlano al contrario, e spesso noi non sappiamo invertire la direzione dell’ascolto.

Non si parla di me e di te.

Non si parla di noi.

Forse nemmeno si parla di chi vive fuori dalla bolla che chiamiamo “la nostra vita”.

La notte passa la mano sulle mie spalle, sembra volermi consolare con una carezza mentre racconto la punta di una penna che buca la bolla, mi toglie la luce ma l’occhio non tarda ad abituarsi, e posso seguire una linea d’inchiostro, che non sempre lascia il segno, a volte, di lei, resta solo il tratto.

Non si parla del foglio che chiamiamo Confessore, nemmeno del senso di quelle parole cui diamo ogni volta il valore di un Testamento.

Non si parla di me o di te, non si parla di noi, non si parla del centimentro che ci separa dal resto del mondo o del percorso che porta dal petalo all’eterno e viceversa.

Non si parla.

Lo si scrive.

Ed è ben diverso.

Tu credi di non piacere

credi di non essere abbastanza

di non essere simpatica

di non essere brillante.

Tu credi di non essere.

E invece sei.

Appena oltre l’apparenza

sei una straordinaria dispensatrice

di sorprese e allegria.

Sai fare discorsi interessanti

senza mai cadere nella noia.

Sai svoltare al momento giusto.

E diventare leggera come una piuma.

Cerchi di evitare

di prenderti troppo sul serio.

Cerchi di evitare

di apparire troppo luminosa.

Sei discreta. Non ti piace darti arie.

Ma quando incroci gli occhi giusti,

quegli occhi si perdono

e vedono lo spettacolo che sei.

E anche se cerchi di nasconderlo,

la tua luce è ovunque.

Si insedia tra le pieghe del vestito,

tra le cicatrici dell’anima,

fino ad arrivare a sfiorarti

le labbra.

Eppure, nonostante la tua bellezza

sei ancora piena d’insicurezza.

Ne conservi sempre un bel po’

in valigia.

Nel bagaglio delle tue antiche esperienze,

c’è sempre spazio per i dubbi.

E sai che effetto mi fai?

Mi fai venire voglia di ucciderle,

le tue insicurezze.

Mi viene voglia di far strage di fragilità.

Mi viene voglia di dichiarare guerra

ai tuoi animaletti interiori, generatori di perplessità.

Mi viene voglia di liberare il tuo cielo,

dalle nuvole cariche d’ingiustizia.

La guerra la vincerai tu.

Alla fine, di tutti quei soldatini tormenti,

resterà solo un combattente.

L’eterno guerriero che t’illumina il volto.

Il tuo invincibile sorriso.

Piove deserto intorno,

in un silenzio sordo che

insiste a raggiungersi,

piove deserto intorno,

in una profezia d’inchiostro che

insiste nell’avverarsi.

Piove deserto intorno,

mentre canto la

superiorità del libro.

Lontano dalle ragioni del cuore

l’invidia, le passioni…

Sono il diavolo

e trascino l’anime per l’inferno!

Quando le tue mani dovessero cercare

nelle tasche di una vita non tua,

d’una cosa sarai certo…

Anche quella, come la tua, sapresti rovinare.

La tristezza nella pace non ha ragion di stare,

nei sorrisi ch’estorci ad altri

ti seguirebbe la mia condanna;

Ah! Il paradiso… Che diviene nuovo inferno.

Nella sofferenza potresti veder fantasmi

e carceri buie,

tanto insospettata l’impurità

nel cuore tuo affranto.

Silenzio di sgomento

e pianti di tormento;

questo prescrive Dio

al tuo momento…

Impara da ciò che sei,

confessa ciò che hai fatto;

metti in spalla quella croce

e accetta i chiodi che portan il tuo nome.

Se dalle nuvole volevi spiare la felicità,

issato su di un palo vedrai meglio la tua

la fine che farà.

Negare il tuo Dio

e pretendere di sapere chi son Io…

Forse nulla hai imparato.

La libertà non è fervida fantasia

né effimera frenesia;

la vita può esser una

e solo tu potevi buttarla via.

E una mattina

una di quelle mattine lì

che tutto è grigio

anche il cammino

 

prese coraggio

si avvicinò allo specchio

fece una promessa sottovoce

asciugando le lacrime

 

gettò tutta la sua tristezza

distrattamente in uno zaino

diede un’occhiata veloce al cielo

che ricambiava il suo sguardo

 

salutò se stessa

voltò le spalle alla porta

dimenticando i sogni sul divano

e le scarpe con i tacchi

 

passo dopo passo

un pensiero alla volta

abbattendo molti muri

raggiunse il sole

Prima dipingere per terra

barattoli di vernice

 

Poi dipingere le sbarre

del tuo colore ritrovato

 

Poi dipingere sul muro

parole in croce già risolte

 

Poi dipingerti addosso scala uno a uno

il portatore della mano che cancella

 

Infine si dice altrove

di luoghi lasciati

 

Lì dove niente ascolta né più sporca

Ogni pensiero che mi attraversa non è più la stessa cosa.

Quando scrivere del mio sentire mi pareva una trappola liberatoria…

Ora non so cosa mi sfugge, sembra scontato o già espresso e vissuto.

Eppure mi sento incompleta: derubata?

Il mio mondo di luoghi e volti ha cambiato residenza?

Il mio navigatore interiore non trova la posizione?

È inquietante per me pensare di essermi persa da tempo, quando credevo a bugie per dar spazio a

romantiche illusioni… follia davvero!

E ancora son qua che nego a me stessa i ricordi, la storia e la mia presenza, sotto un cielo assente che si

confonde in un altro cielo che non conosco.

Sdraiata sul suolo ancora tiepido di questa stanza che mi contiene, senza che nulla del Nulla interrompa il

silenzio di questa mia melodia, aggiungo un nuovo indirizzo a cui recarmi.

Stanotte rischio di annegare

nei ricordi.

E una silente nostalgia

mi stringe il Cuore.

Vorrei dirtelo negli occhi

” Mi Manchi”

e invece devo solo dirlo

alla mia mente

 

e offrirle uno stupido

conforto,

nel buio diffuso

dalla tua assenza

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