C’è un tempo di vento
Leggero insolente
Mi circonda di pianto
Di terra presente
Rude elegante
Ma ho sete di sole
Io che arrivo di pioggia
Bagnata la faccia
Cercando un passato
Di storia di piazza
Sarò un sorriso
Portato con forza
Un naso rosso
Le cose che ho visto
Il mio essere addosso
Alle cose che vivo
C’è un tempo di vento
Mi porta a volare
In cieli nascosti
Tu trovami
Insisti
Di albero perso
Ho radici profonde
Rimango di terra
Sporcata d’agosto
Innamorati di questo sole
che brucia sopra di te,
della luce che picchietta
tra i rami
e ti permette di osservarla.
Guarda dalla tua finestra
e innamorati
del verde che sbuca
dal cemento.
Innamorati del
profumo di magnolia,
sospendi le lancette
e vivi col naso.
Diventa lingua,
assapora il fresco
della menta, la
dolcezza del cioccolato.
Meravigliati perché
le cascate non sono
tutte uguali,
perché gli animali
fanno versi diversi
e perché gli uomini
hanno parole diverse.
Seduti nel vagone
di un treno che
viaggia,
il paesaggio scorre
veloce,
nella distrazione vuota
della nostra mente
tutto corre, fugge
e sfugge,
ma la nostra vita
è fatta di stazioni,
di fermate consapevoli
in cui niente è banale
o superficiale,
e noi siamo i
nostri sensi, lampioni
dell’esistenza.
La civiltà del ritmo
danza sulle punte
il ballo dell’ immobilità.
Spirale desiderio
insolito
insoluto
indebito
l’ odor di nebbia
morale dubbia
precipitando cresce.
Lei è canto del ferro
ancora,
io fabbro della sua passione:
cadenza onirica
dettata dalla veglia.
Civiltà del ritmo:
i treni non passano più,
vapore estinto
l’acqua ai deserti
alla mia sete il deserto,
avanzo fermo
fermo avanzo,
sono ritmo senza civiltà.
Amo la Poesia
perché, l’unica al mondo
a non farmi domande.
Mi permette
di diventare piccola – piccola
rinunciando al peso del mio essere
dimenticandomi del nome
dei significati delle cose
ed entrare dentro i tuoi occhi.
Amo la Poesia
sapendo che ti estrae dal mondo
e per un segmento di tempo
da battito a battito,
Sei mio.
Ondate di lacrime
riflessi di luna sulla pelle
dentro: un mare di contraddizioni
Niente è semplice
devi fare quello che vuoi fare
devi fare quello che devi fare
Perderai qualcuno
altri, li ritroverai
e finalmente amerai con tutto te stesso
Ti muoverai nel mondo
sotto la pioggia
tra dolcezza e rigidità
Ti stancherai
avrai bisogno di riposo
di un silenzio infinito
in riva al lago
Ti stancherai
ma non di vivere
dentro: una luce sempre accesa
una luce che sovrasta il buio.
Sospesa.
Ecco come vivo.
Tra un vento che scompiglia i miei capelli e un sospiro che calma i miei ricordi.
Tra un raggio di sole che illumina il pulviscolo, che sembra risposarsi dopo un lungo viaggio, e un raggio di luna che sembra indicare la via dei miei sogni.
Tra un sorriso che non si arrende e una lacrima prepotente che mi riga il viso.
Tra una piega intorno agli occhi e un solco che disegna ghirigori nell’anima.
Vivo così, con il mio disordine ordinato e con le mie dubbiose certezze.
Aspettando quel salto nel vuoto che è la vita.
Viola si toccò la fronte, sudava come non mai. Si toccò il collo, e non trovò nessuna ferita sotto le mani.
Poi si alzò e andò a guardarsi allo specchio, e vide che non c’era nessuna chiazza di sangue. Nessun segno.
Non resistette più, e singhiozzò disperatamente, con la testa appoggiata sulle ginocchia.
Sapeva che nelle sue vene non c’era il veleno della serpe, anche se sapeva che, nella vita reale, vi scorreva del sangue infetto, causato da una profonda cicatrice.
E pensò che più la cicatrice era profonda, più il suo sangue era sempre più infetto. Ma durò poco.
Posò la mano sul suo cuore per sentirlo, per vedere se battesse ancora. Il suo cuore batteva. Batteva eccome.
Alzò la testa, e si sfiorò le guance solcate dal pianto. Sospirò serena, con la mano sul cuore, mentre si accarezzava il petto, e fu grata agli astri per quello scampato pericolo.
Si alzò per avvicinarsi alla finestra, la aprì, e guardò verso il cielo, come a cercare conforto nel firmamento celeste. Ma non ebbe bisogno di pregarle: le stelle splendevano come non mai, ed erano pronte a farlo solo per lei. Viola le guardò e sorrise, si lasciò incantare da quelle luci. E poggiò la sua testa sulle mani stese sul davanzale della finestra. Le fissò, guardò la luna ammaliata, con occhi sognanti.
Successivamente, si portò le mani sulle guance mentre le guardava estasiata. Avrebbe voluto risplendere come quegli astri, quegli attori del grande spettacolo della volta celeste, ma non ne aveva la forza.
Avvertì di essere in profonda connessione con loro e si sentì proiettata nella dimensione del sonno.
Quando le stelle ebbero esercitato tutto il loro potere su di lei, tornò a letto e si addormentò serena, cullata dai sussurri del vento. Sperava di fare tanti bei sogni, tra cui uno: che quella sua sofferenza potesse finire presto. Le stelle avrebbero di sicuro protetto il suo sonno, e le avrebbero permesso di fare dolci sogni di una nuova vita, una nuova rinascita.
Cammino
nell’abisso tra narrazione e realtà
osservo
figure oscure al mio passaggio
allungano verso di me
lunghe dita ossute di menzogna
mi chiedo
se sono io ad aver perso il contatto
se sono io
che in un eccesso di intransigenza
falcio quelle mani
protese verso di me
intente
nel gesto dell’afferrare
i miei piedi non sono mai troppo certi
del loro prossimo passo
ma devo convincerli che
non c’è altra strada percorribile
non c’è altra strada percorribile
non c’è altra strada
avanzo portando con me
ogni convinzione acquisita
da quel cammino che ho lasciato
alle mie spalle
e non c’è altra strada
percorribile
Occhi avanti
non guardare indietro
non c’è più nulla laggiù
per te
Fammi stare qui
non ti faccio il catalogo della bruttezza del mondo
che un giorno lontano si poteva salvare
non la lista delle parole velenose
delle guerre che ognuno crede di dichiarare
e invece sono i loro mostri del sangue
con mille teste in gara al veleno assassine
che infuocate spuntano a tratti
dal loro sedere sulle spine
fammi stare qui
non faccio il repertorio dei possenti eroi
che piangono rosa zucchero filato
lasciato lo specchio a un soffio di vento
che non avevano immaginato
non l’elenco dei calpestatori
sordi che non vedono l’esistenza degli altri
ciechi che non sentono come si sta negli altri
muti che non sanno stare con gli altri
fammi stare qui
non mi piace chiedere o invocare
ciò che mi serve lo prendo da me
senza nuocere a nessuno
ma senza far torto a te
e voglio una volta sola dirlo facile per tutti
perché intenda solo tu
e fare solo una sporca paginetta
e non scrivere più
fammi stare qui
non riposo e non mi culli
sono qui vivo al caldo del raccontato
che a tanti me con tante voci diverse
inesauribile hai sussurrato
sto sognando con loro
sto sognando che sono uno di loro
sono uno di loro
Musa
fammi stare qui
