LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala lettura – marzo 2021

La vita è un film che racconta la storia di una vita
con la pubblicità in mezzo

La testimonial non testimonia un bel niente
e ha dei bruttissimi pantaloni a zampa color viola

Questa casa inquadratura regina non abita il tempo
è il tempo che ci passa solo spesso nascosto
attaccato a qualche giacca a qualche sguardo rinnovato

Qualcuno vincerà dove soltanto si può vincere
l’Altrove alla cui poetica serve la casa

Un’automobile anacronistica sfreccia taglia un
deserto che in qualche modo trovo invece in tema

Il protagonista intanto stava solo invecchiando
fuori dalla nostra portata
così quel vuoto d’incomprensioni
lo riconosciamo per motivi diversi e nostri

C’è un prezzo speciale da pagare
da qualche parte
vogliono che noi chiamiamo subito

Fino a esaurimento scorte

VELI di Sandra Iai
Scusa ma non ho capito
cosa vorresti da me

Vorresti forse che
accendessi il sole
ma lui splende da millenni
senza il mio aiuto

Vorresti che arginassi il mare
ma le sue sponde
lo abbracciano già
senza il mio intervento

La verità è che
ognuno ha il suo sole da accendere
e un mare in tempesta
da arginare

Beh sì hai ragione
sono io che ti ho dato
questo mondo
senza il tuo parere

Non posso plasmarlo
secondo i tuoi desideri

Ma posso sussurrare
al tuo orecchio
la magia che contiene
solo se sai ascoltare

Posso mostrarti
cos’è la libertà
solo se apri gli occhi
e sai guardare

Troppi veli ci separano
mi vedi ogni giorno
di un colore diverso
quello che decidi tu

Non mi resta che aspettare
forse un giorno la realtà
si mostrerà ai tuoi occhi
con tutta la sua luce

Chissà se un giorno
scoprirai chi ero
sentendo l’eco
di una voce lontana

Quel giorno chiamami
sarò lì ad aspettare

Geometria di rami
e costole
il mio torace
toccato dal vento
che copre gli ideali
come un guscio
la sua perla:
è l’oceano intero.
Sposato con tutto
matrimonio del mondo
lui non cambia
io divengo
geometria dell’invenzione e
non mi piega l’ironia
dell’essere rincorso
dalle cose ferme
l’attesa della forma:
l’orgasmo della riconquista.

Non ho il sangue con cui sono nata
ho il sangue
che io stessa ho scelto
che mi sono iniettata.
Mi sono riplasmata
a immagine mia
in battaglia
e la fanghiglia
che di dosso mi colava l’ho fatta mia
perché era mia! Nella ferita è entrata
il sangue lo ha mutato
mi ha cambiata.
Non ho scelto guerra o disgrazia
ma questo sangue sì
è mio
tra i denti lo stringo
e mentre io stessa mi dolgo
ferita
a cagione del loro morso
sorrido:
il dente è rosso.
Ora li vedono
questi litri di cuore
versati
donati
mai filtrati,
arricchiti.
E questo agglomerato di
nervi tesi al prossimo agguato
è vigile.
Lo sguardo bianco,
il corpo nero
è stanco.
Sono sulla roccia
riposo
lavoro
forgio l’elsa e non ho fodero.
Attendo.
Col sapore di terra già stantia
il vento che arriva lo porta via
e mi sussurra,
io taccio,
lui ulula:
​la nuova battaglia
contro si scaglia.
Mostro la spada.
Difesa.
Non attacco.
Il mio sangue parla
urla
verso di loro:
PACE.

   “Country roads, take me home  

   To the place I belong” risuona nelle cuffie, mentre il treno scandisce metro dopo metro il suo viaggio.  

   Ci siamo amati lentamente e senza fretta, sfiorandoci prima i pensieri, per poi graffiare la carne e toccare l’anima, tutto improvviso, come un fulmine a ciel sereno, limpido, come quelle giornate  chiare dopo una settimana di pioggia.  


   Del resto è proprio così che la vita ci sorprende, nei giorni meno  impensati, quando l’anima è in disordine e tutto sembra apatico, come coperto da una coltre.  


   Forse è questo il segreto di certe alchimie, è come se gli ingredienti  si fossero già amalgamati per dare vita a un nuovo impasto al quale, poi, forse, daremo forma.  


   In equilibrio come funamboli tra i “se” e i “ma”, in attesa di un nuovo giorno, mentre la notte sembra infinita.  

   Stringevo più forte la mano tra i vicoli, lì dove la luna si tuffa sul  mare, dove il tempo sembra essersi annullato, dove un bacio può fermare  il tempo.  

   “I hear her voice in the morning hour, she calls me, the radio reminds  me of my home far away”, mi guardi mentre dormo, stringo il cuscino per  tenere saldi i sogni, forse, potrebbero diventare reali. 


   Il Lungotevere mi segue mentre cammino, vorrei annegare lì la  mancanza. Un abbraccio, un groviglio di gambe, pensieri, incertezze, non  esiste ieri, oggi e il domani è meglio che non arrivi.  

   Ti accendi un’altra sigaretta, la brezza ci accarezza, le nuvole  coprono i timori, cerco di mettere un po’ a posto, in tutto il mio  disordine, i pensieri si affollano.  


   Stavo meglio con la tua maglietta addosso, mentre il mondo fuori continuava a scorrere, incurante.  

        Corridoi animati      
        da radiografie ambulanti.      
        Il mio sguardo basso      
        per evitare l’imbarazzo.      

        Corpi prosciugati      
        riflessi in specchi deformanti      
        piantine riarse      
        boccheggianti di linfa vitale.      

        Conto le vite accartocciate      
        su sedie infinitamente grandi      
        per forme così minute.      
        Spazi infinitamente angusti      
        per sofferenze così ingombranti.      

        Incontro occhi pieni di vuoto      
        non c’è posto per la meraviglia      
        troppa nebbia      
        a offuscare la messa a fuoco.      

        Ingoio le lacrime      
        che si affollano      
        e si annodano in gola.      
        Guardo verso l’alto       
        non so chi invoco      
        con la mia preghiera      

        Fa’ che tornino a contare      
        i passi che portano alla vita      
        e non i grammi che separano      
        dalla desiderata evanescenza.

Se tu potessi parlare
manifestare un segno
spingerti
al di là del confine
o rompere il silenzio
con un soffio di vento

o illuminare
con un solo raggio
no, una piuma non basta
non puoi confonderti
dentro un miliardo di voci

sento l’allegria
dei bambini che giocano,
le risate degli amanti
e i discorsi infiniti dei poeti

nessuno ha spento
la sveglia del 3 marzo
sta ancora lì a suonare

da quel giorno
il mondo è muto.

Se il silenzio parlasse
fischierebbe il vento.
Se la morte nascesse
squarcerebbe il tempo.
Se l’amore balbetta
seppellisce il mondo.
Se la luce è sopita
giri sempre in tondo.
Se la parola è scolpita
la mente non va in fondo.
La gestazione è l’attesa
l’attesa è sospesa,
è sospesa nel sussurro,
ché la verità non urla.

Podcast illeciti radio fantasma l’ingresso eccentrico morti che camminano la notte è troppo notte nella metropoli cadente
Non fare nulla non dire nulla che possa rompere il silenzio come se fosse l’ultima notte sulla terra
I tuoi tacchi che raschiano sulle grate del centro le galeries Lafayette le guance che mi bruciano l’Osvaldo e la barba appena fatta
La tua gonna che si accorcia quanto mi attizzano le tue gambe come il confine con il girone di ferro il mio taglio è da vent’anni lo stesso
Ci facevamo leggere il destino nei fondi di caffè la zingara sotto il ponte del Ticino in secca vecchie Alfa blu notte Milano rovente
Bamblaniamo e tiriamo tardi sotto la luna di Pigalle le Chat Noir ci portiamo via una birra scura e un mojito Camel Light come se piovesse
Ci raccontiamo storie qualche novità ricordi stupidi canzoni al festival di Sanremo ti fermi mi abbracci sai di menta e lime io di Guinness
Finalmente abbiamo smesso di spezzarci il cuore perdere la pazienza per gioco e fare la pace sotto le lenzuola il sabato sera
Savoir vivre Parigi e panchine traballanti dove baciarci mangiare gelati alla fragola strusciarci guardare la Banlieue passarci davanti come un videoclip Kiss Me
Sixpence none the richer foglie d’oro nelle crepe dell’asfalto spaccato da alberi vecchi come fantasmi di sabbia
Giochi con le dita mi accarezzi una cicatrice sulla mano destra che non si chiuderà mai i tuoi polpastrelli lisci sono il caffè nero la domenica mattina
I tuoi capelli la magnolia sul piazzale della chiesa i tuoi occhi il mio quartiere eravamo piccoli teppisti invincibili battevamo strade di periferia scommesse a perdere
Le carte aperte sulla cassa dell’emporio la tipa bionda passava il tempo a fare giochi di prestigio mi strizzava l’occhiolino tu le avresti dato fuoco
Ricordi come un treno regionale straccioni addormentati ubriaconi a litigare con gli specchi lancia un dollaro per aria testa o croce
La carovana del circo ci copre di coriandoli mi diverto a togliere quelli incastrati nei tuoi capelli mi piace il suono del tuo nome la mia voce stanca
Sorridi fissi un punto dietro le mie spalle come se volessi piantarmi in asso ci infiliamo nell’ingresso di un vecchio albergo
La reception deserta buonasera signorina posso aiutarla chiamo l’orchestrina improvvisiamo due giri di valzer
Cerchiamo la suite più bella il frigobar pieno chiameremo casa questa terra scura io e te, il vento ancora freddo, io e te, il Mi basso del fender nero,
Silenzi siderali, jazz, rum, ci daremo appuntamento sotto il solito lampione all’incrocio dietro casa tua
I taxi in coda tu che non porti il reggiseno, una voglia da sbranarci.
Parigi, che spreco, se non avesse la notte.

Voci corrotte
Spazio usurpato –
Un giovane fiore ignora le regole

Strade tracce sentieri
Di facili scelte di ieri
Perduta tra piccole rime
Sono parte di un tutto
E non so come uscirne
Sono di terra sconosciuta
Sono un sasso ai piedi
Di un albero spoglio
Sono vita di un mare di scoglio
Eravamo una distesa
Un mondo di sorpresa
Una poesia sospesa
Angoli e non ipotenusa
Cerco raggi ora
Per contenere perimetri di me
Toccala la luna
Falla brillare
Mi farà luce
E chiaro sole per camminare

Anche stasera mi è venuta a cercare.
Ormai viene a trovarmi tutti i giorni.
Non perde occasione.
Mentre guido.
Quando porto a spasso il cane.
Quando sono in fila alla cassa del supermercato.
Quando mi reco a piedi al lavoro.
E non si scoraggia, nonostante la mia noncuranza e la mia poca attenzione degli ultimi tempi.
Sa che non posso fare a meno di lei.
Sa che questo malessere è dovuto anche alla sua mancanza.
Allora mi riempie la testa, rubando immagini dai miei occhi e frugando nei cassetti dei ricordi.
Apre il cuore e sfoglia l’anima, riaccendendo in me il desiderio di trasformare emozioni in parole.

L’inverno
nella sua attonita attesa
di una primavera che perfeziona i colori
nel silenzio del suo cuore.
E lo sa;
lo sa che al suo arrivo
si dovranno salutare.
La sua commovente attesa
è un attimo effimero
che diventa eterno
nello scambio, si respirano accanto
donandosi senza pretese.
Si sfiorano gioia e malinconia
e la natura ne percepisce l’incanto.
All’istante alza il capo
e trattiene il fiato;
e nel mentre, fiorisce.
Quel fiore
non è lì per caso;
aspettava te.

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