LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala lettura – giugno 2021

Scrivo perché mi pesa il cuore, perché le parole, a volte, martellano così forte da farsi strada prepotentemente e gettarsi sulla carta.
Scrivo perché è l’unico modo che ho per stringerti e respirarti, mentre tutto sembra essere così veloce, il mio cuore va a rilento, in un fermo immagine.
Scrivo perché certe volte è più difficile fare ordine nei propri pensieri se non mettendoli in fila, in parole disordinate.
Scrivo perché il mondo in questo angolo fa meno male e l’anima pesa un po’ di più, allevia le paure e i timori che mi accompagnano.
Scrivo perché guardando le stelle e unendole riesco a scorgere il tuo profilo e combacia col mio.
Scrivo perché non ho modo migliore per esprimermi e mostrare quello che sento, non sono molto brava nelle esternazioni.
Scrivo perché il silenzio inizia a pesarmi, i sogni mi parlano, ti materializzano, ma la distanza è difficile da colmare.
Scrivo perché la penna scorre agile su un foglio e come se già avesse tracciata una rotta, va spedita, si perde nei meandri della storia e riesce a trovarne gli sviluppi.
Scrivo perché non c’è una fine, perché “il filo rosso” che ci lega ha un doppio nodo che volente o nolente mi rimanda a te.
Scrivo perché senza non esisteremmo né io e né te e questa storia sarebbe inventata, o forse deve ancora accadere?

Il mio destinatario
passeggero eterno
offre
l’ascoltatore che ha in sé

Così queste parole e non queste
nascevano
per farsi dire

Sono finte pagine
ma le pagine prenderanno
un tradimento
in affidamento

Per motivi buoni
ma ancora da cercare

Il mio destinatario
cambierà forma
cambierà orecchio
e cambierà parlanti
e cambierà i parlanti

Il mio destinatario non è mio

È eterno

Quell’onda impetuosa
che a volte mi afferra
mi trascina in angoli inesplorati
della mia mente

Malata è la comunicazione
parole distorte
di ingiustificata superbia
arrivano al mio orecchio

Annaspo e lotto
per riemergere tra miliardi
di molecole di domande
che affannate cercano risposte
che non arrivano mai

Ma sono più forte
adesso
e riempio i polmoni
con l’aria del mattino

Erano ombre
Giganti
Di sole che tramonta
Io una piccola paura
Crescere piano
Tornavamo per sempre
Non scelgo passati
Mi serve un presente
Fatto di piccoli attimi
Futuri
Ma sento radici
Di terra forti
Ho rami intricati
Io sorriso di naso
Ho nomi diversi
Per cambiare
Colori
Negli occhi rimane
Il tuo mare
Che porto nel mondo
Per dimenticare
Certezze
Resterò tempesta di parole
Impreviste
Diglielo tu al vento
Che sono volante

Questo mondo forgia guerrieri
Non vorrai mica rimanere indietro?
Ti si chiede di lasciare debolezze e fragilità sugli spalti
Di addentrarti nei sentieri spinosi con scudi d’acciaio e spade infallibili
Se non lo fai è un errore
Eppure questa carne, è troppo tenera
Come sia possibile non aver ricevuto una pelle dura, non sgualcibile…
Com’è possibile essere un vortice di delicate essenze…
Com’è possibile infrangersi su scogli duri e sparire…
Perché è tutto teneramente poggiato sul niente?
Le parole sono goccioline sole, che piangono per la separazione
dal mare, dal silenzio
Sono uno strano guerriero per il mondo
Ho derisione condivisa dalla folla
perché ho perso ogni scudo
Sono nuda
e la carne trafitta da arrugginiti saperi

Una corona di rose sulla testa e il mio sangue è bello come l’acqua
Nutre il senso di libertà oltre la vita, oltre quello che ti mostro
Sono la tua preda facile
indifesa, ingenua
La folla reclama il gesto eclatante nel distinguo tra vincitore e vinto
Colpisci allora il capo dove ho le rose
perché anche la spada possa riconoscere in eterno il suo profumo

Ho solo rose, un guerriero atipico, che invece di schermarsi, con coraggio d’essere fragile, si dona!


Corpo a corpo:
nostalgia dello scontro,
pugni inquinati,
fame di mondo sterilizzata
da una nuova idea del mondo,
non tua,
non hai partecipato allo scontro;
sai nulla tu del corpo a corpo,
più vicino a questioni della
macchina che si batte per te.
Una gazza ladra ha puntato
il tuo anello
non i tuoi giuramenti,
una guerra ti sfiora ogni giorno
ma tu non lo sai;
accendi di tutto al mattino e
ti basta,
non risali alla fonte,
al primo dei fuochi,
non hai nostalgia:
eterno arrivato e mai partito,
il senza passato
figlio dei tempi,
orfano del corpo a corpo

Quando la penna
dipinge il foglio di segni
io
mi placo

Il turbine è passato
e l’uragano ha devastato

Sono strascichi di scuotimenti
e vuota
e poi
finalmente paga

Se tu sapessi
esattamente quanto ti amo
lasceresti per un giorno il lavoro
poseresti per terra l’orgoglio
cercheresti dentro di te
la più bella frase
anche se fosse un dolcissimo ‘niente’
una silente dichiarazione
correresti quella strada senza fiato
busseresti alla mia attenzione
aprirei gli occhi
tu mi guarderesti come Monet
le sue ninfee,
come Van Gogh i girasoli,
la voce graffiante, appena un sussurro,
a sigillare la mia meraviglia
e sono sicura;
Sarebbe perfetto.


Vorremmo sempre proteggerci per paura delle conseguenze.        

         Ma cosa succederebbe se vivessimo ogni giorno dentro una “bolla”, al riparo da tutto?       

         Saremmo spenti e tristi, aridi e fiacchi, privi di motivazioni.       

         Spesso cerchiamo un senso, e andiamo così in affanno che non ci accorgiamo di ciò che abbiamo intorno.       

         Il senso è esserci. Il senso è respirare.        

         Il senso è apprezzare il dono di essere vivi.       



         La forza si nasconde dietro un apparente smarrimento.       

         I pensieri mostrano stati d’animo “nitidi”, la chiarezza di chi  sa cosa prova, di chi ha il coraggio di guardarsi allo specchio senza  distogliere lo sguardo.       



         Ti dicono: “Non lo vedi che stai scomparendo”?       

         Hai davvero voglia di scomparire?         

         Io non credo che sia possibile… non diventerai così piccola, perché sei più grande di quanto tu possa immaginare.        

         Non credo tu possa essere messa in tasca.       

         A meno che non si tratti di portare in tasca la luce che hai  dentro, a meno che non si tratti di tenere viva la memoria di ciò che  sei e di quello che puoi dare.       

         Non sminuirti: rinascere è un attimo, basta un frammento di luce per ritrovare la giusta direzione.       



         Vorresti essere vista nella tua interezza?       

         Cerca di uscire fuori dai ruoli di mamma e di moglie.       

         Tu sei molto più di quei ruoli, sei un’anima che ha bisogno di  manifestare e di sentire le emozioni, una donna che ha bisogno di vivere  tutte le sfumature dell’esistenza, senza porsi limiti.       

         Diamo per scontato ogni cosa, la presenza di una persona cara,  una vita tranquilla, le abitudini… c’è chi disprezza la routine ma in  fondo anche quella è un dono.       


         Che meraviglia sapere di vivere una vita stabile, magari  stracolma di un amore che si ripete, di una ripetizione che non  impedisce di valorizzare ogni momento vissuto insieme.       

         Penso che alimentare la gioia attraverso piccoli piaceri sia un  buon metodo per “fuggire” da una situazione troppo statica.       

         Ti piace scrivere? Scrivi più che puoi.       

         Ti piace disegnare? Disegna un mondo a forma di te.       

         Un mondo dove sentirti unica, protagonista assoluta.       


         Non ci sono ricette o segreti.       

         Ci sei solo tu… e la tua voglia di essere felice, in un modo o nell’altro.       

         A volte basta decidere di stare bene per stare bene, e lo so che  sembra assurdo detto così, ma la volontà gioca davvero una parte  importante.       

         Potresti sorridere da subito, se solo tu lo volessi.       

         Spostando la prospettiva, guardando oltre i tuoi orizzonti, correndo via, fuori dal circuito dei soliti pensieri.       

         Abbiamo infinite possibilità e possiamo acciuffarle.       


         Una forma di salvezza è pensare di meritare di più.       

 Tu meriti di più. Inizia da questo pensiero.    

Sono in viaggio
tra le vie della memoria,
pezzi di vita dimenticati
tornano a farsi strada
e mi rubano il presente.

Mi rannicchio davanti ai ricordi
che scorrono come pagine ingiallite
di un vecchio album.
Fotogrammi in bianco e nero
per emozioni in technicolor.

Un pallone rosso rimbalza
sulle pietre della mia infanzia,
l’odore del ragù filtra dalla finestra socchiusa,
il profumo di mamma,
la mia felicità di bambina.

Le campane a festa dondolano come un’altalena
dentro e fuori il campanile,
braccia forti tirano le corde,
la musica vola in cielo
e rallegra i passanti.
Ticchettii di passi frettolosi lungo la discesa,
si va ad imbandire la tavola
dopo aver rinfrancato lo spirito.

Papà fa ritorno dalla sua passeggiata,
mi sorride,
gli sorrido.
Varchiamo insieme la soglia,
stringo il mio pallone rosso.
C’è aria di famiglia.
Aria di domenica.
Aria di paese.

Dietro le palpebre
Chiuse
Fra costellazioni di stelle
Ho fatto chiarezza
Riaggiustato i pensieri
Dissolto le nuvole,
E il caos in me
Si è trasformato
In un invadente
Mare calmo
Dove galleggio.

Ho visto un uomo
che cercava la vita
in un labirinto di voci
tempestato d’ostacoli
di ogni forma e colore.
Ho visto quell’uomo
talmente tante volte
cambiare direzione
e svoltare di continuo
seguendo la voce del vento.
L’ho visto poi ancora
pentirsi della sua ricerca
e ritornare indietro
mentre pregava invano
di riuscire ad uscire.
L’ho visto infine perdersi
e buttarsi a terra in lacrime
miseramente terrorizzato
all’idea di restare solo
e di non essere più ritrovato.
Vi giuro che l’ho visto
contorcersi disperato
affamato di conforto
e l’ho guardato dritto negli occhi
ma non se n’è nemmeno accorto.


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