Dio è una Mucca
il Libro del Mondo è il suo Intestino
Noi siamo il Rumine
Ma tutto ‘sto letame?
Altri pianeti
che scorgono da lontano
galassie
sotterranee
già divenute evento
al di là del loro nome
Passano frammenti come ricordi lontani
che nel mentre ricordavo essere
né appartenere a nessuno
tranne che a te
tornarono forma
da perdere
Per te percorro strade inviolabili
perché su queste verdi calli
le traiettorie del possibile si manifestino
morbide vallate
che già esistevano ma solo ora scorgo
dilettato dal dialogo tra me e la mia natura felice
che finge di ripudiarmi
Mare di verde
con onde altissime di bellezza
a volte mi sentivo foglia sul ramo
a volte il raggio di sole che lo accarezzava
Siamo boccioli di speranza
crisalidi in attesa
che arrivino le ali
che si aprano al mondo
i nostri morbidi petali
Avulsi i papaveri
nei campi concimati
di regolarità
le corolle
come gonne gitane danzano al vento
della nostra salubre difformità
Siamo parole
polline e nettare
del canto sublime
l’eco del mondo
Abbiamo scritto
una pagina al vento
e l’abbiamo lasciata libera
di raggiungere l’eterno…
Lottare,
lottare per vivere
lottare per sopravvivere
a cosa… a chi…
tanti incontri, di più gli scontri,
vanno ad allungare un tunnel di sconfitte che
pare interminabile.
Gli ingressi celati,
perfettamente mimetizzati
fra le pieghe della vita,
altrettanto le uscite
quelle non certe.
Occhi che non si sono adattati all’oscurità
e non vedono…
occhi che si sono adattati troppo
e non pretendono…
No!
Vedono e vogliono ma
l’oscurità è stratificata, densa,
liquida… non si riesce a tagliare,
ad ogni passo s’inciampa
senza più misura che riesca ad evitare
le maglie cangianti di una rete in continua evoluzione.
Passi incerti
gambe malferme
braccia dolenti
desiderose di sferrare colpi
a quelle pareti,
annaspano nel buio.
Fermati
respira
su la testa
guarda dentro
rialzati
c’è molto da fare:
in Me.
Affida la tua rabbia
a un pensiero
affila le parole
ingaggia in prima fila la battaglia
che ti rende fiero
Trova un senso cangiante al caos
bloccalo per il tempo che occorre
a lasciare i segni sulla carta
che da lì come pietra
arriverà su crani e menti
Calcia, strappa, sfonda con la penna
ogni cuore che tentenna
stira, scuoti, lancia il tuo spirito
trasformalo in un’antenna
distruggi, ricrea, contamina col verbo
e con l’azione che dietro incalza
Sovverti l’ordine di te stesso
fatti rivoluzione
brucia, risorgi, uccidi,
aiuta alla vita nuova
tu che riesci a vedere il filo
che lega queste parole
se non tu,
chi altro può generare
una nobile prole?
La felicità non ha un suo posto.
Barcolla incerta
tra gli interstizi della vita
e quasi mai segue la linea tracciata.
Fa solchi di contraddizioni, errori e dolori
ed è lì che aspetta.
Perché è una fugace ed ambiziosa farfalla
nata per farsi guardare, nata per farsi appena toccare,
nata per essere quell’attimo di eterno
da conquistare a suon di lacrime e sangue.
Questo, insegnerò ai miei figli.
Mi arrendo a ciò che non è
Mi arrendo al tempo
Che non mi permette
Di fare tutto
Perché non c’è il tempo
Per fare tutto
Mi arrendo a non essere come te
Pur avendo
Uguali polmoni fegato pancreas
Gli stessi organi vitali
Solo percorsi di vita diversi.
Non mi arrendo a chi
È contro i muri
Ma nelle viscere conserva
Retaggi di annosi muri
Non mi arrendo a chi
Pianta una bandiera
A destra del cuore
Non mi arrendo a chi
Si è strappato il cuore
Dal petto
Ad al suo posto
Ha messo una pietra
Non mi arrendo a chi
Vi ha costretto
A strapparvi gli occhi bagnati
Ed al loro posto
Ha messo dei cocci
Affinché nessuno
Abbia mai visto nulla.
L’amore non esiste. La vita la morte nemmeno. Solo connessioni strette, avvinte. Vinte. Ci crediamo vincitori ma siamo terre di conquista. Vinti. Imbrattati. Rovinati.
Venti gelidi attraversano le ossa e ritornano. Venti gli anni attraversano la vita una sola volta.
All in. Una grande slot machine.
Musica e colori. La velina del prestigiatore. Il prestigio rapido e finto che nasconde l’incubo finto e profondo. Finto il fondo doppio e triplo. Finti noi, altri universi sotto i piedi e nella testa.
Siamo solo passaggi di stato, di istanti passati, nostalgia di quel che è stato.
Viviamo nel ricordo di chi rimane, ma non rimane vivo nessuno, nemmeno il ricordo.
Decapitato osservo la mia testa rotolare.
Capita anche questo da queste parti.
Questa è la canzone dell’amicizia
quella vera, quella che resiste
quella che combatte, quella che rispetta
questi versi sono dedicati
a chi ha il coraggio di essere bello,
bello fino in fondo
dedico questi versi a chi non tradisce
a chi non delude
a chi se sbaglia, lo ammette
queste parole sono gettate in faccia
a chi conosce solo la parola convenienza
a chi non ha capito che l’amicizia, se la sai coltivare
è un giardino sempre verde
è un sole sempre caldo
è un sostegno, è un conforto
è un’arma in più per impedire
il fluire di lacrime antiche
queste sono parole che parlano di amicizia
e tu che leggi fino in fondo
tu che mi leggi fino all’ultima riga
sì, proprio tu
tu che mi comprendi, tu che hai voglia
di andare oltre l’apparenza
tu puoi dirti davvero
mio Amico.
La notte deve andare:
festa chiusa,
Il cielo è tutto un
Salutare, un congedarsi,
Frenetico via vai…
Arriva il domani!
C’è una stella che
Non se ne vuole andare
Ha ragione ha pagato ,
La luna mezza ubriaca
Viene spinta via
Di peso e
Dai che c’è da sistemare,
Orione tira via
L’ultima striscia di
Comete, e
Si rivesta Venere
Che Apollo incombe
Col giorno sottobraccio!
Tutto zoppica verso
L’uscita, forzosi ciao,
Il domani sta arrivando è
Questione di minuti.
La notte ha una canzone
Cantata da nessuno,
teatrino di ricambi,
gioco di poltrone per
Sembrare un cielo
Sempre fermo:
Gattopardo costellato.
Pericoloso il domani, va
Raggirato e poi
Dovrà mettersi in fila
Come tutti gli altri,
Il favore di sorgere e
Comunque il dovere
di tramontare.
L’alba è una questione
Politica, mera astrologia,
Opinione, un ufficio
Di collocamento mentre
Il futuro continua a dormire,
Il passato a votare,
Il presente a mangiare
Più o meno.
Intanto è ancora notte:
Tutto un finto salutare e
Sistemare,
È così che ti frega, la notte,
La festa continua, ma
Tu dormi, aspetti il giorno.
Ogni poeta dona
a questo momento
una parola
ogni parola dona
un poeta
a questo poeta
ogni parola in ogni foglio significa
io parola
ho scelto questa parola me
e questo poeta per dirla
ogni poeta ogni momento significa
io poeta
ho scelto di scartare qui
tutte le altre parole
adesso allarghiamo il fuoco
Vorrei essere una lacrima
per vivere nei tuoi occhi
e non dover vedere
questi orrendi mostri
Vorrei annusare il mondo
con la mente immersa
nei tuoi pensieri
così da poter dimenticare
ciò che è stato ieri
Vorrei essere sempre
ubriaca dei tuoi sorrisi
per far scorrere nelle mie vene
l’allegria che accende il tuo viso
Vorrei essere sempre
dentro le tue parole
per diventare una poesia
indimenticabile per te
Il peso
di mille sensazioni
a volte mi sotterra.
Per venirne fuori
devo spegnere un mondo
e riaccenderne un altro.
Uno che non ha superficie
ma solo profondità.
Uno senza pareti
ma soltanto cieli
e dove il sole assomiglia
al tuo sorriso.
Uno,
dove esisti Tu.
E dove io
mi faccio conchiglia
per contenerti.
Se mai mi schiudessi
sarà per donarti
VITA .
Quando potrò nascere goccia, evaporare guadagnando il cielo e ancora, condensandomi, tornare alla terra sempre come goccia uguale ma diversa.
Dopo essere rimasto immobile per giorni spegnendo il metabolismo, aver spostato i semi con un soffio ed essere stato io stesso seme portato dal vento, ingoiato vite tra le crepe di un terremoto, disegnato nuvole e alzato onde.
Dopo aver permesso al muschio di ricoprire parte della mia corazza e averla fatta bucare da un picchio, dopo aver rotto l’asfalto con la forza di un germoglio oppure aver volato nel mezzo della tempesta, a dieci centimetri dagli spruzzi, ed essermi tuffato ad occhi aperti per riemergere sazio.
Allora potrò parlare.
Allora potrò parlare ma forse non ne sentirò più il bisogno.
Perché la verità non è dentro me come alcuni suggeriscono, ma davanti.
Sono parte di quella parte d’ingranaggio che copre d’asfalto i germogli e scatta una foto, quando le foglie lo bucano per guardare il cielo.
Quindi, nelle nostre verità, in quelle che ci raccontiamo per far tacere i rimorsi, io non credo, il mio sguardo resta fisso e la mia bocca chiusa come una terza palpebra durante il letargo.
Perché per ora, ancora, non posso parlare.
Non mi resta che ascoltare in silenzio.
