LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Gennaio 2023

A volte mi sembra di essere

vicino come cerco

guardando un’ape o forse

le mie mani

 

Altre

come desidero

lontano

leggendo la notte in un cielo

facendo autopsie di sogni

 

Da che sorgono i giorni

se non dal giungere dei loro nomi?

 

Non sono qui a spezzare una catena

vengo a riconoscere che non c’è

mai stata una catena

 

E ho scoperto che io so vedere

che esistono due modi di restare

con gli occhi chiusi

e io qui ne sapevo solo uno

 

Il vortice di buio senza nero

svela forse una porta

per la quale trasmetti

immagini altrimenti e fuori mute

 

Laggiù

si coltiva una lingua

di continuo beffata e superata

 

Lavoro a un’assenza

non senza suo ritorno

nel frattempo prenditi una carezza

in luogo della tua speranza

che male hai riposto

addosso a me

 

Ma perdonami è un imperativo

e il perdono non si può invocare

 

Posso portare questo perdono mio

quello che ho adesso in dote e che uso io

quello che ho sentito come radice

e non come fiore

 

Qualcosa sempre mi richiama

fai presto

In certi pomeriggi

mi si increspano i pensieri

e allora sorrido

per cercare distensione

 

In questi pomeriggi

che il cielo si confonde con l’asfalto

penso ai passi stanchi di una donna

che cammina verso un destino incerto

lasciandosi alle spalle solo macerie

 

Penso a te

che hai tutto senza esser niente

e a te

che sei tutto non avendo niente

 

Penso a quei tuoi versi

buttati giù su un piccolo pezzo di carta

poggiato su quel trolley alla stazione

prima di salire su un treno

senza ritorno

 

In certi pomeriggi

quando le note di un recitativo

arrivano al centro del mio essere

esplodendomi dentro come un’emozione

 

Ringrazio questi pomeriggi

e te che ci sei sempre

e che sarai qui

quando arriverà la sera.

Voglio rimanere

Nelle mie foto 

Da piccola 

In bianco e nero 

Nei miei occhi 

Sperduti 

Il Vestitino a fiori 

Ricamato

I calzettoni di cotone bianco

La paura di crescere 

L’imbarazzo di essere buona

Voglio rimanere 

Nelle mie foto

Per mano a mio padre 

Sorridere 

Per forza 

Guardare dall’altra parte 

Il sole sulla faccia 

Il vento prima della Curva

Con la lingua del Bisturi

incidere i tuoi Contorni

su Foto che

non hanno avuto tempo

di Sbiadirsi.

 

Immagini recenti

spezzano Ingialliti

Desideri.

 

Non Meriti quello che hai

e nemmeno quello che non hai Voluto.

 

Tradire è peccato,

non saper Scegliere è Uccidere.

Mi vesto 
di parole
e lascio
scoperta
la parte 
di me
più vulnerabile. 
Trovo spazio
nel circuito
di sali e scendi
che definisce
il mio essere.
Io sono
in un continuo 
movimento 
di umori,
di ombre
chiare e scure,
di riso e di pianto,
di gioia e di dolore.
Ma è qui,
in questo disordine
che trovo
il mio equilibrio. 
E ci voglio stare.
Voglio risalire,
sprofondare
e mai sparire.

Il ghiaccio galleggia

Tintinnio sordo sul vetro

Scuote senza versarne una goccia

Limpido mago

Sorseggia assente

Nella testa battono le parole

Vogliono uscire

Il poeta aspetta che esplodano

Alcolici riverberi

Scariche di ricordi

Energiche parabole

Tornano gli anelli

Circoli di piastre senza nome

La penna si avvicina

Il foglio trema

Il verso lo sfiora

Il ghiaccio si scioglie

E con lui l’inchiostro

Ancora una volta

Il sonno l’ha tradito

Profumo di notte

Né fuori, né dentro

Il fiume è prosciugato

E aspetta la pioggia

Viaggiamo solitari
in quest’orbita 
dai frammenti di luce e d’ombra.
I millenni che s’umiliano
diventando un solo respiro
umano, caldo, unico,
il biglietto per assistere al miracolo.
E non m’importa se il passaggio
durerà un attimo, un giorno,
o un ‘per sempre’ dal dolce inganno
da farmi credere che il ‘per sempre’ esista. 
Quello che temo è che ovunque vada
ti porti dentro,
e non desideri altro
che questo sfiorarsi d’anime 
che appena appena respirano
una a fianco dell’altra. 
Quasi sempre sono tentativi
Perlopiù passaggi di meteore
In una nebulosa mente.
Tentativi di traduzione
Di essere centrata
Di non essere in ritardo
Un senso
Un motivo
Una parola di apertura
Di una frase
Di un pensiero
Una forma da dare
Un ordine da ricollocare
Un sentire che passa dagli occhi
Una calma da riconquistare.
Schermaglie maldestre
Con me stessa
Testimone la pagina.
Quasi sempre tentativi.
Lo rubò senza vergogna. Era vecchio abbastanza da far compassione, se
lo avessero scoperto.
Ma non accadde.
Si infilò il pennarello in tasca pensando di essere invisibile e, forse anche
per questo, nessuno lo vide.
Arrivò fino a casa.
Nel cassetto rimaneva un unico foglio un po’ stazzonato ai lati, ma era un
buon foglio. Prese il pennello e aprì il barattolo del viola. Un ultimo
millimetro secco di colore lo guardò costernato ma l’uomo non si fece
scoraggiare, aggiunse poca acqua e mescolò con lo sguardo allucinato
dell’alchimista. Intinse il pennello che aveva conosciuto giorni migliori e
raccolse il fondo di tutto il colore che poteva prendere.
Non riuscì a dipingere che ombre, un volto smarrito in una pallida nebbia
lilla.
Lasciò che l’acqua evaporasse e il colore si facesse più netto. Poi aprì il
pennarello e fece il vuoto nella mente. Doveva lasciare che la mano si
muovesse senza intenzione. Doveva ascoltare chi c’era al di là del bianco.
Il tutto durava uno o due minuti, poi la “spinta” si esauriva.
Ora, un volto di donna meravigliata lo fissava.
L’uomo sorrise, ripose il pennarello e si accese un sigaro. Infine si
appoggiò allo schienale e fissò a sua volta la ragazza dipinta.
Mentalmente la invitò a parlare e lei dopo un momento di titubanza
raccontò la sua storia.
Poche frasi dense di poesia che racchiudevano un istante prezioso.
L’ uomo ascoltò come rapito in un’estasi.
Poi venne il buio.

Attraverso le parole

i discorsi

i respiri che trattengo

traccio la linea del non conosciuto

mi spingo più in là

con la voglia di scoprirti

di svelare di te, a me,

nuovi miracoli

attraverso questa fune robusta

che risponde ai miei desideri

non ho paura di lanciarmi nel vuoto

perché quando si tratta di te

anche i vuoti sono pieni

e le fragilità sono castelli

e tutte le ansie nate dall’ignoto

sono bellissime cattedrali imponenti

Denti che mordono

le tue sicurezze,
 
metallo lucente
custodisce il tuo rifugio.
 
Sempre con te,
per aprire o
per chiudere,
per conservare,
per giudicare.
 
Chiave di lettura,
significato nascosto,
 
chiave di volta,
cardine ed equilibrio,
 
parola chiave
pregnante perno,
 
chiave di accesso,
segreto misterioso,
 
chiave musicale,
lettura criptata.
 
E tu quale chiave sei?
Quante chiavi hai?
 
Mistero di una civiltà
che scompare,
al di là delle macerie
un nuovo inizio.
 
Cosa fai, cosa puoi fare
nella gran confusione
dello smembramento
della tua terra, 
 
prendi le tue chiavi e scappa,
afferra i tuoi Penati
e portali con te.
 
Le tue chiavi sono le tue
certezze,
strette nelle tue mani
ti ricordano chi sei.
 
Chiave di volta del tuo futuro
Parola chiave su cui basarti
Chiave di accesso riservata.
 
Mi affidi tutto ciò che hai:
le tue chiavi.

Non abbiamo più

bisogno di salvezza,

lasceremo tutto in ordine,

nessuna idea per cui uccidere:

le abbiamo tutte in prestito e

da restituire,

qualche peccatuccio per inferni

che resteranno vuoti.

Così noiosi

per ogni dio che abbia ancora

voglia di giocare,

leggeri come una dimenticanza

siamo la domanda di riserva

alle risposte della civiltà.

Annega di noia e sonno disturbato

un tempo di cui non sappiamo

cosa fare,

una barbarie morbida

che sarà chiamata storia.

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