A volte mi sembra di essere
vicino come cerco
guardando un’ape o forse
le mie mani
Altre
come desidero
lontano
leggendo la notte in un cielo
facendo autopsie di sogni
Da che sorgono i giorni
se non dal giungere dei loro nomi?
Non sono qui a spezzare una catena
vengo a riconoscere che non c’è
mai stata una catena
E ho scoperto che io so vedere
che esistono due modi di restare
con gli occhi chiusi
e io qui ne sapevo solo uno
Il vortice di buio senza nero
svela forse una porta
per la quale trasmetti
immagini altrimenti e fuori mute
Laggiù
si coltiva una lingua
di continuo beffata e superata
Lavoro a un’assenza
non senza suo ritorno
nel frattempo prenditi una carezza
in luogo della tua speranza
che male hai riposto
addosso a me
Ma perdonami è un imperativo
e il perdono non si può invocare
Posso portare questo perdono mio
quello che ho adesso in dote e che uso io
quello che ho sentito come radice
e non come fiore
Qualcosa sempre mi richiama
fai presto
In certi pomeriggi
mi si increspano i pensieri
e allora sorrido
per cercare distensione
In questi pomeriggi
che il cielo si confonde con l’asfalto
penso ai passi stanchi di una donna
che cammina verso un destino incerto
lasciandosi alle spalle solo macerie
Penso a te
che hai tutto senza esser niente
e a te
che sei tutto non avendo niente
Penso a quei tuoi versi
buttati giù su un piccolo pezzo di carta
poggiato su quel trolley alla stazione
prima di salire su un treno
senza ritorno
In certi pomeriggi
quando le note di un recitativo
arrivano al centro del mio essere
esplodendomi dentro come un’emozione
Ringrazio questi pomeriggi
e te che ci sei sempre
e che sarai qui
quando arriverà la sera.
Voglio rimanere
Nelle mie foto
Da piccola
In bianco e nero
Nei miei occhi
Sperduti
Il Vestitino a fiori
Ricamato
I calzettoni di cotone bianco
La paura di crescere
L’imbarazzo di essere buona
Voglio rimanere
Nelle mie foto
Per mano a mio padre
Sorridere
Per forza
Guardare dall’altra parte
Il sole sulla faccia
Il vento prima della Curva
Con la lingua del Bisturi
incidere i tuoi Contorni
su Foto che
non hanno avuto tempo
di Sbiadirsi.
Immagini recenti
spezzano Ingialliti
Desideri.
Non Meriti quello che hai
e nemmeno quello che non hai Voluto.
Tradire è peccato,
non saper Scegliere è Uccidere.
Il ghiaccio galleggia
Tintinnio sordo sul vetro
Scuote senza versarne una goccia
Limpido mago
Sorseggia assente
Nella testa battono le parole
Vogliono uscire
Il poeta aspetta che esplodano
Alcolici riverberi
Scariche di ricordi
Energiche parabole
Tornano gli anelli
Circoli di piastre senza nome
La penna si avvicina
Il foglio trema
Il verso lo sfiora
Il ghiaccio si scioglie
E con lui l’inchiostro
Ancora una volta
Il sonno l’ha tradito
Profumo di notte
Né fuori, né dentro
Il fiume è prosciugato
E aspetta la pioggia
Attraverso le parole
i discorsi
i respiri che trattengo
traccio la linea del non conosciuto
mi spingo più in là
con la voglia di scoprirti
di svelare di te, a me,
nuovi miracoli
attraverso questa fune robusta
che risponde ai miei desideri
non ho paura di lanciarmi nel vuoto
perché quando si tratta di te
anche i vuoti sono pieni
e le fragilità sono castelli
e tutte le ansie nate dall’ignoto
sono bellissime cattedrali imponenti
Denti che mordono
Non abbiamo più
bisogno di salvezza,
lasceremo tutto in ordine,
nessuna idea per cui uccidere:
le abbiamo tutte in prestito e
da restituire,
qualche peccatuccio per inferni
che resteranno vuoti.
Così noiosi
per ogni dio che abbia ancora
voglia di giocare,
leggeri come una dimenticanza
siamo la domanda di riserva
alle risposte della civiltà.
Annega di noia e sonno disturbato
un tempo di cui non sappiamo
cosa fare,
una barbarie morbida
che sarà chiamata storia.
