LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Gennaio 2020

Nelle trame del vento

lessi

di te amazzone

vibrare il colpo sul

fianco al destriero

con lo sperone delle

tue labbra.

Mutata la bestia in sentiero,

nella sua corsa

specchiai la mia faccia e

indovinai il mio passato:

fiamma dal mare,

confetto di brace esploso

nella mia tempia,

pietra angolare di una dimora

sepolta nella mia coscienza:

ad est vi combatteva un popolo

guerriero,

da ovest parlavano i profeti di pace,

una geometria di pulpiti

di cui tu danzando

immaginavi i confini

mentre io bramavo la fuga.

La mia regola non è parola,

la mia storia è lingua

di domani, i corpi già la

raccontano: io sono in ascolto.

Non senti i pensieri

miei tremuli, sussurranti?

Sei quattro spilli

di ghiaccio nella mia mano

che cerca tra i rami

gli ultimi scampoli di cielo.

Intanto bolle l’acqua sul fuoco

e io preparo la cannella con amore.

Sei ovunque, come quei fiori gialli

che nascono sulla strada.

Tra le mie crepe c’è ancora posto,

c’è ancora acqua per bere.

Dimmi che hai paura.

Che cercando frammenti e conchiglie, hai smosso con il tuo passo un solo granello di sabbia, e quel granello da solo è bastato per cambiare l’orizzonte.

Raccontami della paura che senti quando ti perdi nella leggerezza del falco, mentre segui con il dito i cerchi disegnati dal suo volo, mentre cerchi una risposta che protegge il nascere di una nuova domanda, meno importante e più vitale della prima.

Il giorno si è addormentato dopo aver superato le montagne, ma domani i tuoi occhi lo risveglieranno.

Dimmi che hai paura delle foglie cadute e del suono che creano volando, dei rami, che spogli quando sotto lo sterno conservi l’inverno.

Ho guardato il campanile questa notte.

Quello che vediamo dal balcone delle mura in cui abitiamo.

Nemmeno sforzandomi riuscivo a sentire la sua voce, ma le lancette che non riuscivo a sentire parlavano, questo lo so.

Dimmi che hai paura di perderti, ma vieni a cercarmi.

Io ho paura di perdermi, ma non di cercarti.

Quando per l’ennesima volta ti troverò, ti dirò che ho paura.

Che sorrido quando la sento bussare, poi apro la porta per offrirle una birra da ottantanove centesimi.

Ti dirò che di lei ho bisogno.

È stata un’ottima compagna di viaggio nel viaggio che aggiunge in me un anello per ogni anno che passa.

L’ho accolta, e la luna mi è testimone, così lei per me ha cambiato nome.

È diventata la mia forza.

Il mio prossimo passo.

E nel prossimo passo, ancora, e per sempre, ci sei tu, che per me hai cambiato nome.

Oggi ti chiami Amore.

Quella stella che vedi

e che già non esiste più

 

Luce

che però non palpita

per questo, sai, già morta

 

Pare germinare

il percorso fecondo

bianco e sudicio del cielo

quando è dell’universo

 

Continuo a sputare

insolenza

dentro il crepitio di me

I magi palleggiano con i giganti di san Siro

il sole bianco dietro al muro della nebbia

lo fissiamo senza filtri insonni volontari

son tredici anni che scrivo lo stesso racconto

batti le mani un applauso servirebbe numeri numeri numeri

siamo il mattatoio della spiritualità libri e record sovrapposti

il principe della città sommersa non mi ha lasciato nulla

Abrakadabra muri di burrasche l’Australia in fiamme

battibecchiamo in continuazione e ne usciamo tutti pesti

ci incontreremo fosse solo a sette chilometri da Gerusalemme

siamo spinti da desideri così forti che saranno accontentati.

Togli il san Cristoforo dallo specchietto. Mi serve per il viaggio.

Per sapere l’importanza di te novità

devi ricordarti il mondo di quando non c’eri

 

ora sei ingombrante e troppo grigio ti apparirà lo scenario

ma guarda bene con occhi che c’erano e ci saranno

tu eri possibile e sei stato trovato

Il primo giorno

cogliere la poesia

di un arcobaleno che giace

sul fondo di un lago

 

i colori volano

insieme alla folaga

mentre un fascio di luce

colpisce di traverso

le acque calme

 

entra negli occhi

un paesaggio glaciale

che abbraccia le foglie

ormai arrese alla vita

 

il primo giorno

calpestare la sabbia scura

che il vulcano ha steso

come un tappeto

per accoglierci

in questo eterno istante

 

il primo giorno

…Una staffetta di attimi questa Vita, un algoritmo che conduce passo a passo a una risoluzione… e mi intrometto, cade l’orologio in un cassetto di scritti incompleti, tanto il Tempo procede lo stesso.

Divido in sillabe i pensieri, e mi ci infilo dentro; arredo la mente di albe e tramonti, in algide notti a 30° in un “allegro ma non troppo”.

Liste di parole in ordine casuale, anzi, in disordine stabilito, tanto, si compongono ugualmente.

E me la rido quando smetto, tanto si piange comunque, qualche volta, spesso, a intervalli.

Mi dissocio e poi mi aggrappo; mi dissolvo e mi riunisco e ora è tutto e poi è niente.

Mi percorro con occhi attenti: cinque, dieci, venti dita mi appartengono.

E non parlo mai di Te.

Per errore di lancette ti ho baciato, e poi scordato in un cassetto di un orologio malandato… tanto è lo stesso, il tempo è già andato, ancora, un’altra volta, di un anno passato.

Ti regalo

La penombra fresca della sera

Gli ultimi attimi del rosso

Che vira al giallo

Ed un sole stanco che scende

Tra le colline

 

Ti regalo

Un sorriso

Apprezzalo con la stessa naturalezza

E stupore nel cuore

Lontano da equivocabili sguardi

 

Apprezza

Ogni gesto ed ogni momento

Di bellezza

Per la sua gratuità ed ovvietà

Per la sua importanza

 

Predisponiti

Alla gentilezza

Che come unica merce di scambio

Richiede solo altra gentilezza

 

Ti regalo

La pioggia che cade sugli alberi

E le gocce che scivolano

Giù dalle foglie

Come lacrime di gioia

 

Tu regalami un sorriso.

Non conoscevo neanche il suo nome…

Ma nel mio cuore e nei miei pensieri

non avevo bisogno di un nome

per trovarlo,

per riconoscerlo…

Siamo pazzi sognatori

visionari instancabili

non ci obbligheranno

a vivere dentro

le loro ville senza finestre

siamo nati per osare,

stravolgere,

accarezzare.

E se dobbiamo morire

vogliamo farlo

innalzando castelli di poesia,

senza smettere di respirare.

Non ci fermeranno.

Siamo armati di parole:

lasciateci passare

e nessuno si farà male.

Mi scopro a sorridere

del mio pensare

differente…

Mi scopro a perdermi

nelle piccole meraviglie

che sono sempre esistite

intorno a me

ma vedo solo ora.

Mi scopro a sentire

l’eco del mondo

che mi sussurra

verità antiche.

Mi scopro a sognare

a occhi aperti

vissuti chiusi nella memoria

secolari, forse eterni.

Mi trovo diversa

vestita di roccia

con un cuore morbido

come pane fresco

appena sfornato.

Semplice e vera.

Unica.

Mi scopro felice.

Di questo istante

che è spesso di tutto.

Di Vita.

Vetro soffiato fui, a volte, o nube eterea

e forse sbiadito e flebile fu il canto mio

ma nell’evaporare e perdermi sempre trovai

quell’eterno e fugace istante

lì, proprio lì, dove i colori

esplodevano dentro,

cacofonia di vibrazioni fluttuanti.

E da lì rinascevo,

scoprendo ogni volta

la bellezza del mondo.

Ecco le mani, le mie mani,

protese ad afferrare

frammenti di luce.

Ed ero forse, a volte, assenza di movimento

ma nel restare immobile

in balia del vento

sempre ho trovato in me il ritmo di una danza

fra le rughe del tempo.

Ero e sono tutto questo e altro ancora

e forse un dì di iridescenza intrisa

possenti le ali spiegherò

sì, lo farò per elevarmi oltre il blu del cielo.

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