Nella stanza nera del mondo
egli si leva, uomo di fuoco,
la parola si accende e madre
di vampa i figli verbali.
Parola si infiamma e
non si consuma,
miele di luce,
dolcezza dell’alba illumina i tetti.
Ma è nella stanza nera del mondo
ove il demiurgo operoso
riscrive il canto
di un secolo spento,
mentre passa il circo
sotto la finestra coi
gai saltimbanchi del
vocabolario.
Nella stanza nera del mondo
l’uomo di fuoco riscrive
il verso, cancella e riscrive,
getta via il foglio e riprova.
Sorella puntuale è la notte
dove la storia sogna se stessa,
ma nella stanza nera del mondo
resta una luce accesa e
una parola che non si consuma,
somiglia a “futuro”,
è l’uomo di fuoco mai stanco
Che cerca il suo verso.
Io sono uno che conta, fino a dieci prima di parlare, anche se consigliano di non farlo.
Mi chiamano italiano solo perché, per puro caso, sono nato su questa striscia di terra a sua volta chiamata Italia.
Dicono che valgo più degli altri, che arrivo prima degli ultimi, addirittura che questa loro visione dovrei chiamarla “libertà”.
Dicono di volermi salvare, e pretendono di farmelo credere usando brevi messaggi di testo corretti dal t9 e da un gruppo scelto di comunicattori.
La parola usata come slogan non diventa slogan, viene solo banalizzata e, per la massa non pensante, perde il suo peso originale.
Dicono che questa non è una poesia, ma qui non mentono, questa è solo una riflessione che poi ha portato a rami e foglie, e tra le righe cerca il frutto.
È in questo processo rivedo la Poesia.
Non spetta forse a tutti il respiro?
Non merita un albero la nostra esistenza?
Davvero siamo nati per crederci superiori e ingiustamente attaccabili perché usiamo la pelle come scudo?
La brezza può diventare bufera, non bisogna mai scordarlo.
Per questo rispetto anche il soffio più lieve, per questo affronto le raffiche che scoperchiano i tetti delle teste più vecchie senza indietreggiare di un passo.
Perché la bufera serve tanto quanto il singolo soffio, ma i creattori non percepiscono la dignità nascosta della distruzione, l’enorme possibilità che porta portando via tutto ciò che autoproclamati salvattori hanno stabilito prima dell’ennesima foto.
E lo riscrivo per sicurezza, questa non è una poesia, ma una raffica di vento che racconta le raffiche di un mitra pieno di sabbia e tacche e dice che due lembi di pelle fondendosi per formare la cicatrice diventano più duri della pelle vergine.
Perché dolore innesca il processo che porta al cambiamento.
L’agio no.
Basta un solo soffio per fermare la bufera.
Basta una sola lettera per stravolgere il senso.
Ma forse non siamo prigionieri senza via di fuga, siamo solo troppo distanti.
Troppo “distratti” .
Perché qui, la doppia, era giusta.
Dalla realtà turbata
per questo sovverto
inquietudine e sensibilità.
A ritroso, come corolle
facilmente abbassate
dal repentino termine che pone
[come condizione
la bellezza fugace.
Apro adesso i petali
ad inconsapevole meraviglia
e trasformo lo smarrimento
in sguardo differente
e trasformo di strati il lieve intuire
in ideazione e cosmo
e trasformo la vulnerabilità
in libero sentire.
Della realtà
creatura avulsa e straniera
tanto da essere figlia ingrata
[e creatrice.
Lagna sorda o quel che sia
Maledetta Ipocrisia
Sabbia al vento tesa corda
Di chi corta ha la coscienza
Specchio lenza a ben pescato
Che l’orgoglio venderà…
Risicata spenta offesa
Tesa a conto sulle dita
E per chi non l’ha capita
Tempo poi risponderà…
Sia carezza resa o salmo
Palmo a mancia d’accontento
Che di tanta brezza un vento
Solo foglie porterà…
Furia zoppa assai bugia
Concubina ipocrisia
Dell’orgoglio tenue amante
Tante mani tradirà…
Fantasia di controparte
Grandi suole lecca ad arte
Girasol di cortesia
Benvenuta ipocrisia
Oscuro lampo non trovi la luce
e allora contiamo…
uno, due ecco che arriva
tre, quattro è già passato.
Lampo di genio
lampo inatteso
porti il chiarore
per chi vuol vedere,
apri quel buio
nascosto e silente
lettere d’oro, parole fiammanti.
Ma matto è il giullare
e trema la corte
la sua tesi è negletta
la vera ragione
nasconder si deve.
I poli si attraggono lo scontro è letale
chiarore, rumore… quanto tempo è passato?
Forza invincibile, scacco vitale.
Lampo creativo
Leonardo disegna
tuono e boato
nel tempo sbagliato
solo la mente
è connessa col tempo
energia universale
poesia latente.
Ma quando sei lampo
c’è poco da fare
hai un compito arduo
e potresti incendiare,
ma la scarica è in atto
non la devi fermare
bruceresti te stesso
e l’ignoto progresso.
Madre tenera, vulcano attivo
ricolmo di dolcezza.
Occhi di smeraldo,
e sorrisi di sole accennato.
Venere mattutina
in un’alba primaverile.
Stammi vicina,
come quando…
Ricordi?
Mi insegnavi la storia,
ostacolo per me,
inquieta di parole
ancora lontane.
Madre dolce,
abbracciamoci, stasera,
si diradano
le ombre della notte!
Troppo tempo
ci han separato,
già questi miei due versi portano
il nostro nome,
tanta è la nostra reciproca
dipendenza.
Se faccio un passo
tu rallenti,
scorri in fretta quando
mi blocco ad osservarti.
Tanti innamorati ti hanno odiato
per il loro percepirti fuggevole
quando io li tenevo incollati,
e gli stessi ti hanno odiato ancor di più
quando io separavo
a grandi distanze
quei cuori ardenti come i nostri;
che tanto di te è passato
prima che capissero e accettassero
la nostra relazione.
Abbiamo amoreggiato di
contrabbando per molto,
moltissimo, alle
spalle delle più brillanti menti.
Ma ora finalmente siamo qui,
sotto gli occhi di tutti:
ora riconoscono il nostro amore
come una legge naturale.
Ora sanno che io cambio con te e
tu sei influenzato da me:
perché tu sei tempo
e io son spazio.
Siamo ciò che la mano sceglie
La mano che dà
La mano che prende
La mano che tocca
La mano che ignora
Siamo la mano che tende
La mano che raccoglie un sasso
Che la terra dà
E lo lancia dove sceglie
E se l’acqua riceve
Ci regala onde concentriche
La mano che recide
O la mano che pianta
Dando ossigeno
A questa terra
Sofferente e asfittica
La mano che libera
Il polso dalle catene
O la mano giunta che si arrende
Siamo la mano che sceglie
La mano che tiene la tua
E la stringe o la sfiora
C’è un cavallo a dondolo che galoppa sui miei ricordi,
creatore di sogni
che cavalca le nuvole di cieli lontani,
che trapassa i raggi di luna
per sfiorare il fiume d’argento,
è ora l’immagine di un infanzia che cade
aggrappata alla criniera del tempo.
Non smettere di dire
che ciò che doni è sempre
versi di guerra e d’amore
Chi sa li incontrerà
Metto tacchi
metto rossetto
le mie gonne ondeggianti,
Ma dentro
mi sento guerriera
una tra i tanti.
Metto vari accessori
simboli femminili
sciarpette di seta,
ma ho in mano
una vera spada
e la tengo stretta.
Mi inginocchio
alla paura
umanamente parlando,
ma in ginocchio
non mi può mettere
nessun ostacolo.
Tra tutti
i miei vestiti
scintillanti, pieni d’ardore,
adoro
l’armatura d’acciaio
che mi protegge il cuore.
Metto tacchi
metto rossetto
ogni ornamento femminile
custodendo
nelle mie viscere
una forza incredibile!
Poesia si fa leggere
figlia sincera di canti
la cui genesi è ricerca
inarrestabile evoluzione
Poesia fa profondo il mondo
scrigno accogliente
di emozioni sempre nuove
di occhi sanguinanti
Poesia è prova
passi incerti
tra schegge di vetro
che ferendo regalano
Poesia è figlia
di un padre illeggibile
mistero tra le nuvole
celato da un nero mantello
Poeta e padre
le tue figlie parole
rifuggono le tue dita
per riposare in occhi attenti
Per diventare lacrime
che sgorgano come torrenti
da fessure nella roccia dove Luce
spicca il suo volo
È l’alba
triste ritorno alla realtà
i miei passi calpestano
le tue orme
Posso tornare a te
ogni volta che questo sole
avrà voglia di scaldare
i miei sospiri
Ho preso carta e penna
ho cercato la canzone giusta
solo piano, nessuna voce
la stanza ha preso la tua forma
i tuoi capelli mi hanno sommerso
come in una danza
e poi i tuoi occhi hanno iniziato
a mostrarmi tutto quello
che volevo vedere da sempre
e mi sono sentito un musicista
artista che nessuno conosce
crea dietro le quinte
l’irripetibile melodia
di un amore che non sa di esistere
alimentato da una fiducia cieca
e da mille visioni.
Una di queste visioni
ha le stesse mani
lo stesso anello
e lo stesso tuo sguardo.
Regalare l’anima
a chi la sbriciola
tra le dita,
sentire
ancora dolore
indimenticato,
aspettare
di avere indietro
pezzi da incollare,
lasciarne
uno a ricordo
per sempre
in quella mano,
credere
che un giorno
se pur lontano
porti il destino
attese risposte
a mille perché…
Ritorneremo ancora sui nostri passi
come un tempo imperfetto,
noi perfetti e sfacciati
accarezzeremo quel momento.
Saprò lottare come un uomo
che varca la soglia delle sue paure
in un lungo viaggio fuori programma
dove accarezzare le tue curve
e rispecchiarmi tra i tuoi misteri.
E sentirai di non aver sognato
quando rientrata
nella casa ancora buia
ti stupirai di quel sorriso
che ha indagato il mio profumo
dove le parole si erano fermate
e un tuo pensiero arriverà fino a me
che mi invento poesie
per far sorridere,
in questo tempo imperfetto,
una femmina perfetta come te.
Lui
ti farà sentire
come il primo fiore sbocciato in primavera
sbucato tra il gelo delle ultime nevi:
bellissima
preziosa
delicata
speciale.
Costruirà per te
un mondo di lana di vetro
che ti farà sentire protetta
e al caldo dagli ultimi venti del nord.
E poi
dipingerà questo mondo per te
dei colori più brillanti e accesi.
Costruirà per te
un cosmo di sogni
e galassie di piume.
Addobberà i cieli
con costellazioni di pianeti
e stelle come diamanti
che brilleranno nella notte
e non ti faranno avere paura del buio.
Scaccerà i mostri e i demoni
che vivono sotto il tuo letto
e che decorano di terrore le notti senza luna.
E poi
un giorno,
un giorno come gli altri,
distruggerà tutto
e si porterà via ogni cosa,
le galassie, le costellazioni e i colori.
Torneranno i mostri
e lui non li allontanerà più.
Li lascerà divorare i tuoi petali
e sbranare la tua corolla nuda.
Un giorno,
un giorno come gli altri,
farà crollare tutto
lasciandoti al freddo
sola
in balia dei venti del nord
e delle ultime nevi invernali.
Non sarai più
bellissima
preziosa
delicata
speciale.
Sarai solo l’ennesimo fiore
marcio e appassito
calpestato dal peso
dei cocci di sogni infranti
e di un futuro
che non esiste più.
