LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Dicembre 2018

Nella stanza nera del mondo

egli si leva, uomo di fuoco,

la parola si accende e madre

di vampa i figli verbali.

Parola si infiamma e

non si consuma,

miele di luce,

dolcezza dell’alba illumina i tetti.

Ma è nella stanza nera del mondo

ove il demiurgo operoso

riscrive il canto

di un secolo spento,

mentre passa il circo

sotto la finestra coi

gai saltimbanchi del

vocabolario.

Nella stanza nera del mondo

l’uomo di fuoco riscrive

il verso, cancella e riscrive,

getta via il foglio e riprova.

Sorella puntuale è la notte

dove la storia sogna se stessa,

ma nella stanza nera del mondo

resta una luce accesa e

una parola che non si consuma,

somiglia a “futuro”,

è l’uomo di fuoco mai stanco

Che cerca il suo verso.

Io sono uno che conta, fino a dieci prima di parlare, anche se consigliano di non farlo.

Mi chiamano italiano solo perché, per puro caso, sono nato su questa striscia di terra a sua volta chiamata Italia.

Dicono che valgo più degli altri, che arrivo prima degli ultimi, addirittura che questa loro visione dovrei chiamarla “libertà”.

Dicono di volermi salvare, e pretendono di farmelo credere usando brevi messaggi di testo corretti dal t9 e da un gruppo scelto di comunicattori.

La parola usata come slogan non diventa slogan, viene solo banalizzata e, per la massa non pensante, perde il suo peso originale.

Dicono che questa non è una poesia, ma qui non mentono, questa è solo una riflessione che poi ha portato a rami e foglie, e tra le righe cerca il frutto.

È in questo processo rivedo la Poesia.

Non spetta forse a tutti il respiro?

Non merita un albero la nostra esistenza?

Davvero siamo nati per crederci superiori e ingiustamente attaccabili perché usiamo la pelle come scudo?

La brezza può diventare bufera, non bisogna mai scordarlo.

Per questo rispetto anche il soffio più lieve, per questo affronto le raffiche che scoperchiano i tetti delle teste più vecchie senza indietreggiare di un passo.

Perché la bufera serve tanto quanto il singolo soffio, ma i creattori non percepiscono la dignità nascosta della distruzione, l’enorme possibilità che porta portando via tutto ciò che autoproclamati salvattori hanno stabilito prima dell’ennesima foto.

E lo riscrivo per sicurezza, questa non è una poesia, ma una raffica di vento che racconta le raffiche di un mitra pieno di sabbia e tacche e dice che due lembi di pelle fondendosi per formare la cicatrice diventano più duri della pelle vergine.

Perché dolore innesca il processo che porta al cambiamento.

L’agio no.

Basta un solo soffio per fermare la bufera.

Basta una sola lettera per stravolgere il senso.

Ma forse non siamo prigionieri senza via di fuga, siamo solo troppo distanti.

Troppo “distratti” .

Perché qui, la doppia, era giusta.

Dalla realtà turbata

per questo sovverto

inquietudine e sensibilità.

 

A ritroso, come corolle

facilmente abbassate

dal repentino termine che pone

[come condizione

la bellezza fugace.

 

Apro adesso i petali

ad inconsapevole meraviglia

e trasformo lo smarrimento

in sguardo differente

e trasformo di strati il lieve intuire

in ideazione e cosmo

e trasformo la vulnerabilità

in libero sentire.

 

Della realtà

creatura avulsa e straniera

tanto da essere figlia ingrata

[e creatrice.

Lagna sorda o quel che sia

Maledetta Ipocrisia

Sabbia al vento tesa corda

Di chi corta ha la coscienza

Specchio lenza a ben pescato

Che l’orgoglio venderà…

 

Risicata spenta offesa

Tesa a conto sulle dita

E per chi non l’ha capita

Tempo poi risponderà…

 

Sia carezza resa o salmo

Palmo a mancia d’accontento

Che di tanta brezza un vento

Solo foglie porterà…

 

Furia zoppa assai bugia

Concubina ipocrisia

Dell’orgoglio tenue amante

Tante mani tradirà…

 

Fantasia di controparte

Grandi suole lecca ad arte

Girasol di cortesia

Benvenuta ipocrisia

Oscuro lampo non trovi la luce

e allora contiamo…

uno, due ecco che arriva

tre, quattro è già passato.

 

Lampo di genio

lampo inatteso

porti il chiarore

per chi vuol vedere,

apri quel buio

nascosto e silente

lettere d’oro, parole fiammanti.

 

Ma matto è il giullare

e trema la corte

la sua tesi è negletta

la vera ragione

nasconder si deve.

 

I poli si attraggono lo scontro è letale

chiarore, rumore… quanto tempo è passato?

Forza invincibile, scacco vitale.

 

Lampo creativo

Leonardo disegna

tuono e boato

nel tempo sbagliato

solo la mente

è connessa col tempo

energia universale​

poesia latente.

 

Ma quando sei lampo

c’è poco da fare

hai un compito arduo

e potresti incendiare,

ma la scarica è in atto

non la devi fermare

bruceresti te stesso

e l’ignoto progresso.

Madre tenera, vulcano attivo

ricolmo di dolcezza.

Occhi di smeraldo,

e sorrisi di sole accennato.

Venere mattutina

in un’alba primaverile.

Stammi vicina,

come quando…

Ricordi?

Mi insegnavi la storia,

ostacolo per me,

inquieta di parole

ancora lontane.

 

Madre dolce,

abbracciamoci, stasera,

si diradano

le ombre della notte!

Troppo tempo

ci han separato,

già questi miei due versi portano

il nostro nome,

tanta è la nostra reciproca

dipendenza.

Se faccio un passo

tu rallenti,

scorri in fretta quando

mi blocco ad osservarti.

Tanti innamorati ti hanno odiato

per il loro percepirti fuggevole

quando io li tenevo incollati,

e gli stessi ti hanno odiato ancor di più

quando io separavo

a grandi distanze

quei cuori ardenti come i nostri;

che tanto di te è passato

prima che capissero e accettassero

la nostra relazione.

Abbiamo amoreggiato di

contrabbando per molto,

moltissimo, alle

spalle delle più brillanti menti.

Ma ora finalmente siamo qui,

sotto gli occhi di tutti:

ora riconoscono il nostro amore

come una legge naturale.

Ora sanno che io cambio con te e

tu sei influenzato da me:

perché tu sei tempo

e io son spazio.

Siamo ciò che la mano sceglie

 

La mano che dà

La mano che prende

La mano che tocca

La mano che ignora

 

Siamo la mano che tende

 

La mano che raccoglie un sasso

Che la terra dà

E lo lancia dove sceglie

E se l’acqua riceve

Ci regala onde concentriche

 

La mano che recide

O la mano che pianta

Dando ossigeno

A questa terra

Sofferente e asfittica

 

La mano che libera

Il polso dalle catene

O la mano giunta che si arrende

 

Siamo la mano che sceglie

 

La mano che tiene la tua

E la stringe o la sfiora

C’è un cavallo a dondolo che galoppa sui miei ricordi,

creatore di sogni

che cavalca le nuvole di cieli lontani,

che trapassa i raggi di luna

per sfiorare il fiume d’argento,

è ora l’immagine di un infanzia che cade

aggrappata alla criniera del tempo.

Non smettere di dire

che ciò che doni è sempre

versi di guerra e d’amore

 

Chi sa li incontrerà

Metto tacchi

metto rossetto

le mie gonne ondeggianti,

Ma dentro

mi sento guerriera

una tra i tanti.

Metto vari accessori

simboli femminili

sciarpette di seta,

ma ho in mano

una vera spada

e la tengo stretta.

Mi inginocchio

alla paura

umanamente parlando,

ma in ginocchio

non mi può mettere

nessun ostacolo.

Tra tutti

i miei vestiti

scintillanti, pieni d’ardore,

adoro

l’armatura d’acciaio

che mi protegge il cuore.

Metto tacchi

metto rossetto

ogni ornamento femminile

custodendo

nelle mie viscere

una forza incredibile!

Poesia si fa leggere

figlia sincera di canti

la cui genesi è ricerca

inarrestabile evoluzione

 

Poesia fa profondo il mondo

scrigno accogliente

di emozioni sempre nuove

di occhi sanguinanti

 

Poesia è prova

passi incerti

tra schegge di vetro

che ferendo regalano

 

Poesia è figlia

di un padre illeggibile

mistero tra le nuvole

celato da un nero mantello

 

Poeta e padre

le tue figlie parole

rifuggono le tue dita

per riposare in occhi attenti

 

Per diventare lacrime

che sgorgano come torrenti

da fessure nella roccia dove Luce

spicca il suo volo

 

È l’alba

triste ritorno alla realtà

i miei passi calpestano

le tue orme

 

Posso tornare a te

ogni volta che questo sole

avrà voglia di scaldare

i miei sospiri

Ho preso carta e penna

ho cercato la canzone giusta

solo piano, nessuna voce

la stanza ha preso la tua forma

i tuoi capelli mi hanno sommerso

come in una danza

e poi i tuoi occhi hanno iniziato

a mostrarmi tutto quello

che volevo vedere da sempre

e mi sono sentito un musicista

artista che nessuno conosce

crea dietro le quinte

l’irripetibile melodia

di un amore che non sa di esistere

alimentato da una fiducia cieca

e da mille visioni.

Una di queste visioni

ha le stesse mani

lo stesso anello

e lo stesso tuo sguardo.

Regalare l’anima

a chi la sbriciola

tra le dita,

sentire

ancora dolore

indimenticato,

aspettare

di avere indietro

pezzi da incollare,

lasciarne

uno a ricordo

per sempre

in quella mano,

credere

che un giorno

se pur lontano

porti il destino

attese risposte

a mille perché…

Ritorneremo ancora sui nostri passi

come un tempo imperfetto,

noi perfetti e sfacciati

accarezzeremo quel momento.

Saprò lottare come un uomo

che varca la soglia delle sue paure

in un lungo viaggio fuori programma

dove accarezzare le tue curve

e rispecchiarmi tra i tuoi misteri.

E sentirai di non aver sognato

quando rientrata

nella casa ancora buia

ti stupirai di quel sorriso

che ha indagato il mio profumo

dove le parole si erano fermate

e un tuo pensiero arriverà fino a me

che mi invento poesie

per far sorridere,

in questo tempo imperfetto,

una femmina perfetta come te.

Lui

ti farà sentire

come il primo fiore sbocciato in primavera

sbucato tra il gelo delle ultime nevi:

bellissima

preziosa

delicata

speciale.

 

Costruirà per te

un mondo di lana di vetro

che ti farà sentire protetta

e al caldo dagli ultimi venti del nord.

 

E poi

dipingerà questo mondo per te

dei colori più brillanti e accesi.

 

Costruirà per te

un cosmo di sogni

e galassie di piume.

 

Addobberà i cieli

con costellazioni di pianeti

e stelle come diamanti

che brilleranno nella notte

e non ti faranno avere paura del buio.

 

Scaccerà i mostri e i demoni

che vivono sotto il tuo letto

e che decorano di terrore le notti senza luna.

 

E poi

un giorno,

un giorno come gli altri,

distruggerà tutto

e si porterà via ogni cosa,

le galassie, le costellazioni e i colori.

 

Torneranno i mostri

e lui non li allontanerà più.

Li lascerà divorare i tuoi petali

e sbranare la tua corolla nuda.

 

Un giorno,

un giorno come gli altri,

farà crollare tutto

lasciandoti al freddo

sola

in balia dei venti del nord

e delle ultime nevi invernali.

 

Non sarai più

bellissima

preziosa

delicata

speciale.

 

Sarai solo l’ennesimo fiore

marcio e appassito

calpestato dal peso

dei cocci di sogni infranti

e di un futuro

che non esiste più.

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