LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

«  sommario 

Sala lettura – Agosto 2022

Eppur il canto mio s’addolora

Di pena e strazio

Son qui a mostrar

Preghiera al rifugio ardente

E disperato….

 

Oh insomma che scellerato, sono qui a cantare mentre l’amore mio naviga nell’assenza. Voi

che siete gli dei di questo antro di dolore, di pene perpetue, di fiamme che rapide annullano

ogni respiro e dannano nel buio le ignare anime. Voglio cantare il mio dolore, l’amore per la

mia Euridice. Canterò sino a quando non mi avrete concesso un altro po’ di vita. Resterò qui

a darvi conforto e so quanto per voi è orribile e infinito il canto d’amor perduto. Racconterò

come la vita mia si è interrotta sul velo oscuro della fine, la discesa della mia amata. La mia

voce vi cullerà notte dopo notte, dormire sarà impossibile perché nessuno può dormire se

ode il mio canto e la mia lira suonare. Immaginerete foreste verdi di profumi incantati, baci

appassionati e parole dolci, troppo dolci per le vostre disgraziate orecchie, placherà la sete

di sofferenza infinita, colorerò questo luogo, con sfumature mai viste, assaggerete le

pietanze più delicate e raffinate. Il vostro luogo di dolore diventerà la perfezione della luce,

da antro di morte a luogo di vita e canto. E sapete bene che il canto mio può stregare e fare

viaggiare, per Universi di fede e fortuna. Tutto ciò che sfuggite io ve lo canterò, Euridice,

l’amore mio, sentirà il canto e qui la morte non vorrà più entrare. Le anime penseranno di

aver sbagliato luogo, il dolore non è affine al canto mio e voi, dei generosi, vorrete vedermi

andar via, con la mia Euridice per mano. Invoco la vostra pietà e invoco, altresì, la mia

pazienza da vivo e audace, qual sono, di restare ivi, come statua di marmo, come pietra

maestosa, a darvi tanto ardore quanta morte volete affogare, nel fiume di sangue e rimpianti.

Ora, che il canto mio abbia inizio, fortunato chi vorrà tacermi, il patto mio l’ho detto, ora tocca

a voi, ascoltare il mio perpetuo suono.

Cerchiamo di essere il più possibile universali

è una cosa che in certe stagioni ci è apparsa

distesa e buia

tra proteste a memoria che non ricordiamo

dandoci la voce

con cui adulterare la prima delle intenzioni

e anche il primo dei versi

 

Per riuscire prendiamo chi ha capito

lo spazio per lei esiste ed è mosso

si sa che è l’essere giusto al posto giusto

poi non si sa grazie a cosa attraversa momenti

di un’onda che si irraggia per attirare contrari

che lo sono soltanto sul piano

del nome invasione

 

Per rientrare capiamo chi ha preso

il tempo per lui non esiste e muove

a ogni approdo scurisce e invecchia

ma il miglior viandante che sa trovare in sé

conquista un grande senso delle misure

e non tutto esaudisce e oltraggia

e usa e rinnega la fatica

 

Questo incontro si nega non smettendo

e si conferma dicendo che mostra una forma

certo verrà da repertori altrui

ma è la geometria il modo più universale

di trattare la chimica

e l’idea di differenza

e si può fare anche con le parole

 

Fuori da questo universale indefinibile e confinato

si accampano i tanti

tesi e chiari e nuovi e divisi

ognuno con la sua casa paurosa sulle spalle

ognuno con la sua causa paurosa sulle spalle

a causa di mutismo

ciechi

E nonostante tutto mi piacete

amo l’umanità

abbraccio con sincerità e trasporto

ogni essere sofferente

poi a volte me ne pento

scopro che non tutti lo meritano

ma quelle poche volte che trovo verità

son sempre grandi vittorie

sulla morte

C’è un posto, in uno spazio

che non vuoi proprio 

abbandonare.

 

Come una gamba di gomma

allungabile,

ti allontani, ma col piede

sembri voler segnare 

ancora un territorio.

 

Come una grande piovra 

con i tentacoli tesi

in tanti luoghi,

ma con lo sguardo

lontano,

non riesci a 

mettere a fuoco,

e così non vivi appieno

niente.

 

Quando giunge il momento,

molla,

devi mollare,

con gli occhi dritti

davanti a te,

concentrato

sul futuro.

 

Per questo,

togli quel cappello

dalla sedia,

quel tempo è finito.

Siamo come un gomitolo di lana.

Il presente continua ad arrotolarsi sul passato, rendendo la matassa sempre più densa e compatta.

Difficile seguirne il percorso.

Strati su strati il filo si sovrappone, continuando a girare attorno.

Non sappiamo quanto filo ci resti,

ma possiamo scegliere come arrotolarlo.

Ho due fiori 

Perduti 

Ad agosto 

Rossi

Con petali rari

Li tengo nel cuore 

Scoprire di essere…

spostarsi più in là

afferrare un altro senso

delle cose

delle persone

di un fiore

mettere in circolo

il coraggio

costruire una strada

non aver paura

o usare la paura come carburante.

In ogni caso, smettere.

Smettere di ripetere

gli stessi vecchi errori.

Avere le palle,

trovare la spinta necessaria:

essere finalmente nuovi.

Ti rifletti nella storia

ed è la tua:

ciò che hai studiato

non è ciò che hai imparato.

Maggioranze d’abito,

il numero non è ragione:

è insinuazione.

In te un sol uomo e

molti popoli in te,

il giacobino decapita:

il giacobino verrà decapitato.

Anarchici cadono

dai balconi,

altri stanno tutto il giorno al telefono

parlando d’anarchia:

il sabotaggio è

vangelo della prassi.

Gli angeli si prendono

a testate mentre

all’inferno si intona

l’inno nazionale:

sembra quasi una preghiera.

Tradendoti divieni

amante di te stesso,

scrive il vecchio Cicero

del nuovo Catilina:

loro scrivono ma

tu sei la penna,

loro scrivono

tu incidi.

Come nubi figlie d’un sogno potessi or volare,

lasciare qua le lacrime ed i pesi,

i fili tesi delle mie ansie sciolti

al sole che si cela oltre le nubi

 

Ho invece da vivere il riflesso sbiadito

d’ un uomo e riempire immagini austere

di giornate che fuggono gli affetti

 

Ho voluto esiliarmi di silenzio

sconfitto da nessuno e coprirmi d orgoglio

e di vergogna, senza lume.

 

Perché così presto volto al martirio

sotto nessun segno, senza frasi

e sopra i resti di false bandiere,

con la cenere sul volto, perché?

 

La vita è in fondo un attesa

tra ciò che non fosti e ciò che non sarai

 

La morte sfibra mentre si osserva il nulla

sorgere dal niente e ritornare, insensibile

 

Come annegando cerco ogni inutile raggio di sole

disperato trincando (anelando) luce, fuggo stanco dal sole.

Amo la Notte, perché mi rende libera.

Amo la Notte, perché posso dimenticare ogni ansia.

Amo la Notte, perché posso sognare, senza dar conto a nessuno.

Amo la Notte, perché posso piangere sola.

Sola con me stessa.

Amo questo manto blu, illuminato da deboli, meravigliose Stelle e una Luna cangiante, regina del cosmo e dei sogni.

Amo la Notte, perché mi dà conforto.

Amo la Notte, perché vivo, di notte.

Di Notte progetto, penso, mi rilasso, dormo, sogno tra gli astri.

E vedo cose che mi portano in un altro mondo.

E fluttuo, nuoto, navigo, in una dimensione dolcissima.

E di giorno corro, contro tutto, contro tutti.

Per andare a prendere un traguardo che sembra lontano anni luce.

Amo la Notte, perché il mio corpo si lascia cullare dal vento delle Stelle.

E amo il Giorno, perché quando il vento del Sole sfiora la mia pelle… allora sono pronta a correre.

Come un filo d’erba

Tremavo

Ad ogni risata, ogni sguardo provocatorio

Oscillavo

Speravo nel vento, speravo che un giorno potesse strapparmi

Portandomi con se in posti lontani, ma

Il vento mi sfiorava, non era abbastanza forte

Ho dovuto esserlo io, quel piccolo filo d’erba non voleva più tremare

Con lo sguardo non più basso

Ora rivolto al cielo

Un fiore era cresciuto

Guardando il sole

Si dischiude il cielo

a ogni tremore delle palpebre

si scambiano la luce

e il respiro.

 

Si riflettono

s’ammirano

confortandosi nelle mani tese

nello spazio che dividendoli,

l’unisce.

 

Consumandosi, 

da questa tenera crudeltà, 

pianissimo ma senza sosta

bruciandosi nella stessa sfortunata sorte

d’aver smarrito il tempo.

 

Il tempo senza te

si chiama vuoto.

Design by ArtWareProductions, on WordPress platform, with Sydney theme. Released in 2022.