Eppur il canto mio s’addolora
Di pena e strazio
Son qui a mostrar
Preghiera al rifugio ardente
E disperato….
Oh insomma che scellerato, sono qui a cantare mentre l’amore mio naviga nell’assenza. Voi
che siete gli dei di questo antro di dolore, di pene perpetue, di fiamme che rapide annullano
ogni respiro e dannano nel buio le ignare anime. Voglio cantare il mio dolore, l’amore per la
mia Euridice. Canterò sino a quando non mi avrete concesso un altro po’ di vita. Resterò qui
a darvi conforto e so quanto per voi è orribile e infinito il canto d’amor perduto. Racconterò
come la vita mia si è interrotta sul velo oscuro della fine, la discesa della mia amata. La mia
voce vi cullerà notte dopo notte, dormire sarà impossibile perché nessuno può dormire se
ode il mio canto e la mia lira suonare. Immaginerete foreste verdi di profumi incantati, baci
appassionati e parole dolci, troppo dolci per le vostre disgraziate orecchie, placherà la sete
di sofferenza infinita, colorerò questo luogo, con sfumature mai viste, assaggerete le
pietanze più delicate e raffinate. Il vostro luogo di dolore diventerà la perfezione della luce,
da antro di morte a luogo di vita e canto. E sapete bene che il canto mio può stregare e fare
viaggiare, per Universi di fede e fortuna. Tutto ciò che sfuggite io ve lo canterò, Euridice,
l’amore mio, sentirà il canto e qui la morte non vorrà più entrare. Le anime penseranno di
aver sbagliato luogo, il dolore non è affine al canto mio e voi, dei generosi, vorrete vedermi
andar via, con la mia Euridice per mano. Invoco la vostra pietà e invoco, altresì, la mia
pazienza da vivo e audace, qual sono, di restare ivi, come statua di marmo, come pietra
maestosa, a darvi tanto ardore quanta morte volete affogare, nel fiume di sangue e rimpianti.
Ora, che il canto mio abbia inizio, fortunato chi vorrà tacermi, il patto mio l’ho detto, ora tocca
a voi, ascoltare il mio perpetuo suono.
Cerchiamo di essere il più possibile universali
è una cosa che in certe stagioni ci è apparsa
distesa e buia
tra proteste a memoria che non ricordiamo
dandoci la voce
con cui adulterare la prima delle intenzioni
e anche il primo dei versi
Per riuscire prendiamo chi ha capito
lo spazio per lei esiste ed è mosso
si sa che è l’essere giusto al posto giusto
poi non si sa grazie a cosa attraversa momenti
di un’onda che si irraggia per attirare contrari
che lo sono soltanto sul piano
del nome invasione
Per rientrare capiamo chi ha preso
il tempo per lui non esiste e muove
a ogni approdo scurisce e invecchia
ma il miglior viandante che sa trovare in sé
conquista un grande senso delle misure
e non tutto esaudisce e oltraggia
e usa e rinnega la fatica
Questo incontro si nega non smettendo
e si conferma dicendo che mostra una forma
certo verrà da repertori altrui
ma è la geometria il modo più universale
di trattare la chimica
e l’idea di differenza
e si può fare anche con le parole
Fuori da questo universale indefinibile e confinato
si accampano i tanti
tesi e chiari e nuovi e divisi
ognuno con la sua casa paurosa sulle spalle
ognuno con la sua causa paurosa sulle spalle
a causa di mutismo
ciechi
E nonostante tutto mi piacete
amo l’umanità
abbraccio con sincerità e trasporto
ogni essere sofferente
poi a volte me ne pento
scopro che non tutti lo meritano
ma quelle poche volte che trovo verità
son sempre grandi vittorie
sulla morte
C’è un posto, in uno spazio
che non vuoi proprio
abbandonare.
Come una gamba di gomma
allungabile,
ti allontani, ma col piede
sembri voler segnare
ancora un territorio.
Come una grande piovra
con i tentacoli tesi
in tanti luoghi,
ma con lo sguardo
lontano,
non riesci a
mettere a fuoco,
e così non vivi appieno
niente.
Quando giunge il momento,
molla,
devi mollare,
con gli occhi dritti
davanti a te,
concentrato
sul futuro.
Per questo,
togli quel cappello
dalla sedia,
quel tempo è finito.
Siamo come un gomitolo di lana.
Il presente continua ad arrotolarsi sul passato, rendendo la matassa sempre più densa e compatta.
Difficile seguirne il percorso.
Strati su strati il filo si sovrappone, continuando a girare attorno.
Non sappiamo quanto filo ci resti,
ma possiamo scegliere come arrotolarlo.
Ho due fiori
Perduti
Ad agosto
Rossi
Con petali rari
Li tengo nel cuore
Scoprire di essere…
spostarsi più in là
afferrare un altro senso
delle cose
delle persone
di un fiore
mettere in circolo
il coraggio
costruire una strada
non aver paura
o usare la paura come carburante.
In ogni caso, smettere.
Smettere di ripetere
gli stessi vecchi errori.
Avere le palle,
trovare la spinta necessaria:
essere finalmente nuovi.
Ti rifletti nella storia
ed è la tua:
ciò che hai studiato
non è ciò che hai imparato.
Maggioranze d’abito,
il numero non è ragione:
è insinuazione.
In te un sol uomo e
molti popoli in te,
il giacobino decapita:
il giacobino verrà decapitato.
Anarchici cadono
dai balconi,
altri stanno tutto il giorno al telefono
parlando d’anarchia:
il sabotaggio è
vangelo della prassi.
Gli angeli si prendono
a testate mentre
all’inferno si intona
l’inno nazionale:
sembra quasi una preghiera.
Tradendoti divieni
amante di te stesso,
scrive il vecchio Cicero
del nuovo Catilina:
loro scrivono ma
tu sei la penna,
loro scrivono
tu incidi.
Come nubi figlie d’un sogno potessi or volare,
lasciare qua le lacrime ed i pesi,
i fili tesi delle mie ansie sciolti
al sole che si cela oltre le nubi
Ho invece da vivere il riflesso sbiadito
d’ un uomo e riempire immagini austere
di giornate che fuggono gli affetti
Ho voluto esiliarmi di silenzio
sconfitto da nessuno e coprirmi d orgoglio
e di vergogna, senza lume.
Perché così presto volto al martirio
sotto nessun segno, senza frasi
e sopra i resti di false bandiere,
con la cenere sul volto, perché?
La vita è in fondo un attesa
tra ciò che non fosti e ciò che non sarai
La morte sfibra mentre si osserva il nulla
sorgere dal niente e ritornare, insensibile
Come annegando cerco ogni inutile raggio di sole
disperato trincando (anelando) luce, fuggo stanco dal sole.
Amo la Notte, perché mi rende libera.
Amo la Notte, perché posso dimenticare ogni ansia.
Amo la Notte, perché posso sognare, senza dar conto a nessuno.
Amo la Notte, perché posso piangere sola.
Sola con me stessa.
Amo questo manto blu, illuminato da deboli, meravigliose Stelle e una Luna cangiante, regina del cosmo e dei sogni.
Amo la Notte, perché mi dà conforto.
Amo la Notte, perché vivo, di notte.
Di Notte progetto, penso, mi rilasso, dormo, sogno tra gli astri.
E vedo cose che mi portano in un altro mondo.
E fluttuo, nuoto, navigo, in una dimensione dolcissima.
E di giorno corro, contro tutto, contro tutti.
Per andare a prendere un traguardo che sembra lontano anni luce.
Amo la Notte, perché il mio corpo si lascia cullare dal vento delle Stelle.
E amo il Giorno, perché quando il vento del Sole sfiora la mia pelle… allora sono pronta a correre.
Come un filo d’erba
Tremavo
Ad ogni risata, ogni sguardo provocatorio
Oscillavo
Speravo nel vento, speravo che un giorno potesse strapparmi
Portandomi con se in posti lontani, ma
Il vento mi sfiorava, non era abbastanza forte
Ho dovuto esserlo io, quel piccolo filo d’erba non voleva più tremare
Con lo sguardo non più basso
Ora rivolto al cielo
Un fiore era cresciuto
Guardando il sole
Si dischiude il cielo
a ogni tremore delle palpebre
si scambiano la luce
e il respiro.
Si riflettono
s’ammirano
confortandosi nelle mani tese
nello spazio che dividendoli,
l’unisce.
Consumandosi,
da questa tenera crudeltà,
pianissimo ma senza sosta
bruciandosi nella stessa sfortunata sorte
d’aver smarrito il tempo.
Il tempo senza te
si chiama vuoto.
