LibEreria

Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Ultima chiamata, per le Arti, alla Rivoluzione.

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Sala Lettura – Agosto 2020

Fotofinish. Erba grigia calpestata

Ceneri fredde sul pavimento

Mobili bruciati nel camino

Una campana di ottone fa ancora il suo lavoro

Jamie Vardy è l’eroe della working class

Filtro l’aria da una maschera antigas

Particelle velenose fumo tossico rifiuti

Non c’è luce da una settimana il palazzo è abbandonato

Io con un fiore in mano tu non molli il tuo revolver

Coperte sporche per la notte obiezioni religiose

Cibo in scatola e fantasmi vecchi non ci lasciano dormire

Il vento cancella le tracce dalla strada al pianoterra

Mucchi di rifiuti, non si muove nulla da un mese o poco più

Il pavimento corroso dall’acido di batterie

Tu che ti togli la maschera e ti fai aria con la copia di un giornale ancora intero

Io provo a leggere la Bibbia con una torcia mezza andata

Non c’è verso di convincerti le cose davvero come stanno.

Abbiamo sbagliato tutto ma siamo ancora vivi.

Non smettere di parlarmi. Ho il dovere di proteggerti.

Siamo vivi. Io e te soli. Fino a qui va tutto bene.

Parlare con te

è come percorrere un sentiero minato

un passo dopo l’altro

con il fiato sospeso

 

Sempre attenta

a come le parole

toccheranno il suolo

attenta a non spezzare

quell’equilibrio precario

tessuto con tanta fatica.

 

E ogni volta

il desiderio di annullare

il peso di quelle sillabe

scelte e cucite

con estrema cura

 

La speranza che arrivino

senza far male

perché non nascon mai

per ferire

ma solo per amare.

 

E ogni volta

il desiderio che la mia voce

si trasformi in piuma

che ti sfiori e ti accarezzi

come la brezza leggera

nelle sere d’estate.

 

È così difficile questo cammino,

eppure ogni giorno

quando giungo al bivio

la strada che scelgo

è sempre la stessa:

quella che conduce a te.

Scorro le dita sullo scaffale 

nel mio spolverare quotidiano 

fra volumi che sanno di un remoto 

odoroso vissuto.

Scorgo libri scolastici che 

mi sono appartenuti, 

ora deposti,

ormai innocui.

Vecchie cartoline ammucchiate 

come strati di vita

piccoli dettagli di viaggi 

testimoni di deboli ricordi 

che riaffiorano.

Scorgo un diario

dimenticato in un angolo 

raggiunto dalla polvere.

Lo apro, riconosco la grafia.

Poche pagine scritte

pochi pensieri fissati sulla carta

una frase cattura la mia attenzione 

e mi soffermo a leggerla:

9 giugno 2005 

“Marta arriverà sabato con i bambini…

solo per qualche giorno… doloroso sarà il distacco.”

Una spada piena d’amore mi trafigge.

Sì, sarà doloroso babbo.

Piano piano si definiscono i contorni a evidenziarne i contenuti

Allineati come pastelli colorati in una scatola stinta

Gli anni trascorsi a voltarmi indietro per rassicurarmi di averli vissuti.

Nella mia tasca sinistra una pallina di vetro blu, a destra una mano fredda a riscaldarsi.

Sorrido e con la lingua provo ad incontrare il naso, che ricorda i profumi di neve e di legna bruciata, e gira nel cielo la ruota delle meraviglie, tocca terra e di nuovo su, tra sogni e nuvole bianche.

Le fotografie sbiadite appese ai muri pallidi di questa stanza, conducono voci silenziose che dimorano nelle mie profondità.

Sui marciapiedi d’asfalto qualche filo d’erba e un fiore giallo mi dimostrano la caparbietà della vita, 

Mi sento fortunata spettatrice di uno spettacolo che mi accompagna, le sedie del teatro ancora vuote, nessuno sa che lo spettacolo è già iniziato… l’ingresso è gratuito

Nella melodia

danzo

e mi faccio suono

mentre scendo

nelle interiora che non conosco

 

Libera essenza

come di fumo ondulato

i coloriti suoni

leggera come soffio

il mio profondo

fino alla percezione

di impalpabile leggiadria

 

Lo sguardo dal fondo

tocca

prende e aggredisce

di graduale malvagità la consapevolezza

e assalta il buco dell’angoscia

quando lì

come di farfalla nel fondo

mi poso

Ancora una volta un pensiero mi sfiora… in alto, tra le nuvole una carezza mi raggiunge. Ogni momento di pace

è il segno della tua presenza. Questo tuo parlare è muto ma non importa:

interi discorsi posso ascoltare con le orecchie dell’anima. Posso vedere i tuoi occhi:

cambiano forma ogni giorno. Mi sento osservato da un fiore

o dai colori di un tramonto:

sei sempre tu che mi guardi. Tu sei l’esempio costante, la quotidiana dimostrazione di una bellezza che non accenna a svanire.

A è anestetizzato non si accorge di niente e non si accorge nemmeno che c’è qualcosa di cui accorgersi

B ha sentito dire che c’è qualcosa di cui accorgersi ma non vede niente

C vedrebbe anche ma ha deciso che si vive meglio senza guardare

D ha deciso di guardare ma preferisce far finta di niente per non dover pensare e poi vivere peggio

E ha visto e pensa di aver pensato ma non ha capito

F ha visto e ha pensato e ha capito ma gli va bene così e trova giusto così stop si fa così

G ha capito e non gli va bene ma gli conviene quindi shhh

H ha capito e non gli va bene e capisce che non gli può convenire davvero ma che fare eh niente pazienza

I ha capito e finalmente oooh uno che s’indigna ma non sa cosa fare o pensa che non può farci niente

L ha capito e s’indigna e pensa che saprebbe anche fare qualcosa ma tutto sommato ufff dai sceglie di no

M ha capito e s’indigna e frigna

N ha capito e s’indigna e protesta e urla ma lo fa comodamente da casa

O ha capito e s’indigna e protesta e urla in pubblico ma poi niente stop torna a casa

P ha capito e s’indigna e reclama i suoi diritti come se qualcuno dovesse riconoscerglieli

Q ha capito e cerca di partorire un’idea nuova e poi si ferma lì beh dai non è poco

R ha capito e capisce anche che bisogna magari anche provare a mettere in atto l’idea nuova

S ha capito e prova a fare veramente qualcosa ma non trova compagni è solo e non si può partire

T ha capito e prova a fare veramente qualcosa ma non trova compagni parte lo stesso ma è solo e fallisce

U ha capito e trova compagni e fa veramente qualcosa ma in maniera poco studiata e organizzata e fallisce

V ha capito ha pensato trova compagni si organizza fa la rivoluzione che però fallisce per maggior numero degli avversari

Z orro, ci vuole, Zorro, dai, buonanotte

Ti capita mai

di avere quel piccolo serpente

che striscia proprio in mezzo

ai pensieri del giorno?

 

Un giorno strano

pazzo e ventoso

e non sai cos’è

questa sensazione

 

è sottile ma pesante

soffoca la poesia

e tu scrivi ma non esce nulla

scrivi ma non esce

 

vorresti quel verso

che ti riempie la testa

e balla felice

tra un passo e l’altro

 

esci e cammini

e la sera si prende

i tuoi ricordi

un sussurro di vita

 

un sussulto di pagina

chiudi il libro

la storia è finita

domani ricomincerà

 

un domani passato

nel futuro ignoto

Non so chi sono perché non conosco sbarre.

Essere la scelta che mai chiamerò definitiva è un singolo passo che diventa cammino.

Non mi basto mai, piango, senza vergogna, rido, senza ritegno, ti aspetto, mentre sei qui.

Al malato lascio la guarigione ritenuta necessaria, al ricco la seta dei vestiti cui ha dato il compito di parlare per lui, al profeta le verità che si racconta, allo schiavo la sua bandiera.

Sono scalzo su questa strada, una nuova spiga di grano aspetta le mie dita.

Nel maggese dello spirito ti ho scritto nuove lettere, leggi le foglie, tra le nervature ho nascosto i nostri segreti.

Il futuro è passato saltando una fermata.

Noi ci baciavamo mentre l’orologio osservava la  cena, in quel momento capì di essere inutile, perché il tempo che lui voleva imprigionare si dissolveva sull’unirsi delle nostre labbra.

L’amore è una salvezza, per manifestarsi ha bisogno della morte.

Non ho avuto paura di morire, sapevo che il primo nuovo respiro avrebbe portato alla voce il tuo nome.

La distanza consuma,

la mancanza accende,

il desiderio arde.

Le parole cessano.

 

La linea dell’orizzonte

crea un sorriso,

lì, in quella terra di mandorli e zagare.

Il vento accarezza

il confine tra sogno e desiderio.

 

Un silenzio eloquente

a volte le parole sono superflue.

Si bloccano sulle labbra,

gli occhi parlano.

 

Hai consumato chilometri,

pensieri,

ricordi,

emozioni,

si infrangono come onde sugli scogli,

davanti ai tuoi occhi.

 

All’imbrunire,

quando la notte prende il sopravvento,

nel silenzio di stelle,

maestosa, la Luna, si erge tra le nuvole.

 

Le tue labbra hanno colmato i dubbi.

Ricordi quelle terre conosciute,

di quei luoghi

che ti restano dentro, che senti di avere dentro.

Sai come si chiamano quegli spazi tra gli attimi e l’eternità?

La causa sta alla conseguenza

come l’intento alla rinuncia,

mi hai lasciato così

ora cerca ciò che hai perso.

L’amore cos’è?

Puoi chiederlo ai tuoi cristi

o alle conseguenze.

Non sei la somma del tuo passato

ma ciò che avanza del tuo futuro,

non ci penso lo vedo.

L’eremita ha capito: la vita

è un fatto personale,

sei sfortunato perché sei superstizioso

fortunato finché non lo sai.

Le donne si guardano in giro

gli uomini si guardano l’affare,

abbandona la tua idea di perfezione

troverai un’idea perfetta per te

se ti accorgi che tu sei l’idea.

Adesso taci e lascia fare a noi,

lascia fare agli eroi,

a chi ci sa fare,

fai passare gli eroi.

Se potessi dire

cosa sei per me

carme

 

lo urlerei

esanime,

con voce leggera.

 

Con sorriso ammaliato sulle labbra

osserverei quella colomba bianca

librarsi e sorvolare,

 

i cieli calorosi e benevoli.

 

Tu schiudi

le tue ali al vento

e voli alto

 

io alzo il capo

e guardo

e volo anch’io

dal mio canto,

dentro me.

 

E canta per me,

la tua voce

eterea e candida.

Sento i tuoi passi da lontano,

cadenzati come rotaie

frettolose.

 

Sento tintinnare campanelli,

pronti ad aprire usci

d’amore.

 

La tua voce mi riempie il petto,

sorseggio suoni

fresche risate

parole precoci

desideri espressi.

 

La mia mente è

uno spazio vuoto,

in cui entra solo

il tuo profumo.

 

Gli umori si confondono

attraverso la pelle,

il mondo è chiuso fuori

se anche stesse finendo

non ce ne accorgeremmo.

 

Io sono tuo territorio

spazio da esplorare,

 

tu sei lupo

che segue l’istinto,

 

insieme siamo

battuta e bosco,

fuga e rincorsa

preda e cibo.

 

Preda e cacciatrice io,

scaglio frecce e mi ferisco,

tu selvatico e attento

cogli segnali e li rimandi.

 

Adesso che il mondo

è davvero finito

siamo rimasti soli,

il pelo del lupo è ispido,

la mia geografia intatta

            fino alla prossima volta.

Cammino su strade di ghiaccio

Ma il freddo è dentro

Nelle mani di chi chiede spiccioli Oh, quei tagli della vita Quel tintinnio nelle ossa

Cosa posso dire se non che

 

Mi manca Gesù Cristo

 

Il mattino ci avvolge nella seta

Che punge fino al midollo

Nella folla c’è il deserto

Non c’è sole negli angoli bui

Del cuore che non spera più

Il malato è in fronte a noi

Il malato siamo noi

Chiudiamo gli occhi all’innocenza

 

Per non vedere Gesù Cristo

 

Il pane è già raffermo

Il conto è salato

Come le bocche dei profeti

Questo magone scende piano

Nella gola di chi non aspira

Ad un’altra vita

Se c’è un’altra vita

Me lo dici all’orecchio?

 

Dimmi un po’ Gesù Cristo

Ascoltami Gesù Cristo

 

I cani corrono

Dietro a una fetta di veleno

Gli uomini rallentano

Nella loro immanenza

Sicuri? Sicuri così

Di cosa non si sa

Se non si sa che domani

Arriverà un Gesù Cristo

 

Sordo alla luce

Resta il mondo

Il mio è in silenzio

Mentre lo fanno a pezzi

Nella notte senza note

Una canzone, una preghiera

Manca più di prima

 

Come manca Gesù Cristo

 

La bellezza s’è perduta

Tra i puntini neri della cronaca

La luna è intermittente

Come gli occhi di chi non crede

Che un giorno ci sarà

Ma non ora, non è l’ora

 

Cosa fa Gesù Cristo?

 

Il bambino si sveglia

Assetato di latte e amore

Un killer si convertirà

Prima dell’omicidio

Quello che non vediamo

Si chiama mistero

Come ci si arriva

 

Me lo mostra Gesù Cristo

Il mio idolo è Gesù Cristo

 

Dalle chiese

Non s’ergono più croci

Solo fumo di vecchie braci

Il Padre non è più Nostro

Recitiamo versi a chicchessia

Un’auto mi passa accanto

Con dentro un fantasma

Rapido nell’incertezza

Fermo nell’ignoranza

 

Che non è qui un Gesù Cristo

 

La Parola!

La Parola non è mai banale

Quest’ordine è illusione

Incontrarsi nei vicoli del dolore

E chiamarsi alle armi

A lottare per un sogno

Di un cielo sopra tutto

Puro e lucente come quest’alba

Che nasce con un nome

Scritto a fuoco sulla pelle

 

Che dice Gesù Cristo

 

Che io dia qualcosa a qualcuno

Imperativo dell’anima!

Una mano – uno sguardo

Un segno dell’umanità

E dei tempi in fiamme

Mi son perduto e allontanato

Dalla vista di chi redime

E non so il perché

 

La porta si restringe

Il respiro vola a tratti

Il pensiero s’incatena

 

Posso solo dire ora

Che la vita è una ferita

Che la vita non è finita

 

Ma mi manca Gesù Cristo

Oltrepassando quel cancello,

tra percorsi impervi e sconnessi

e strade percorse controcorrente

Lì c’è la vita, quella vera.

 

Quella vissuta oltre misura,

dondolando su trame di ragnatela

quella che lascia segni sulla mani

sui corpi, sui volti.

 

Quella che ogni passo è traguardo

e quella

che traguardo è linea immaginaria

oltre la quale il baratro si fa possibilità.

 

Eppure quanta struggente bellezza tra quei muri di carta

su quei volti induriti

tra quei girotondi improbabili

sulle mani che si cercano e si intrecciano.

 

Disarmonie che si fanno splendore di luce

solamente se l’occhio sa dove guardare.

Piccoli gesti che profumano di umana bellezza

la prossimità trovata nell’aggrapparsi a una distanza.

 

Oltrepassando quel cancello

Sono conosciuta per la mia grande pazienza.

È un vestito che ormai mi calza a pennello e sembra starmi anche molto bene.

Ma in fondo questa qualità mi sta un po’ stretta.

E tutte le volte che la perdo è un dramma!

Allora frasi come “Non sembri neanche tu!”, “Non ti riconosco”, “Sei cambiata!” sono tipiche e così fastidiose da farmi fare un bel respiro e ricompormi velocemente.

Ho imparato così a tenermi tutto dentro.

Un bel sorriso e una calma quasi angelica spesso nascondono tormenti e angosce per le quali non saprei neanche che colori utilizzare…

Piccola mia è proprio quello che sta accadendo ora, mentre stai affrontando una delle prime delle tante prove e difficoltà che la vita ti farà incontrare.

E l’attesa è veramente logorante e snervante.

Quanti pensieri e conclusioni che poggiano solo su ipotesi e idee…

Ed è qui che torna in gioco il mio bel vestito sempre pulito e ben stirato, pronto all’uso.

Se dovessi sceglierne il colore credo sarebbe blu, anzi azzurro come il cielo che ci ricorda di non perdere mai la speranza.

Ed è con questo bel vestito che aspetto paziente il tuo ritorno con il cuore colmo di amore e tenerezza.

Un diamante

può davvero scindere lo sguardo

in innumerevoli specchi luminosi

riflettendo una gioia momentanea.

Un viaggio 

può inevitabilmente accorpare 

alle mappe interiori

la bellezza di entusiasmanti novità.

Una cena romantica

può sintonizzare una perfetta armonia

ai sensi

assegnando a quel giorno

una stella nel calendario.

Piccole gioie

guadagnate con gran fatica.

Possono cambiare

la frequenza dei battiti del cuore. 

Ma niente, 

ripeto niente,

sarà comparabile

con l’anima che riconosce se stessa

leggendo dei Versi che le appartengono.

Quelli su misura. 

Aderenti alle fragilità. 

Si può perdere tutto

ma non quest’angolo d’eternità

che viaggerà nel tempo

anche dopo di te.

A me piaceva trovarMi.

Nei Tuoi.

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