Fotofinish. Erba grigia calpestata
Ceneri fredde sul pavimento
Mobili bruciati nel camino
Una campana di ottone fa ancora il suo lavoro
Jamie Vardy è l’eroe della working class
Filtro l’aria da una maschera antigas
Particelle velenose fumo tossico rifiuti
Non c’è luce da una settimana il palazzo è abbandonato
Io con un fiore in mano tu non molli il tuo revolver
Coperte sporche per la notte obiezioni religiose
Cibo in scatola e fantasmi vecchi non ci lasciano dormire
Il vento cancella le tracce dalla strada al pianoterra
Mucchi di rifiuti, non si muove nulla da un mese o poco più
Il pavimento corroso dall’acido di batterie
Tu che ti togli la maschera e ti fai aria con la copia di un giornale ancora intero
Io provo a leggere la Bibbia con una torcia mezza andata
Non c’è verso di convincerti le cose davvero come stanno.
Abbiamo sbagliato tutto ma siamo ancora vivi.
Non smettere di parlarmi. Ho il dovere di proteggerti.
Siamo vivi. Io e te soli. Fino a qui va tutto bene.
Parlare con te
è come percorrere un sentiero minato
un passo dopo l’altro
con il fiato sospeso
Sempre attenta
a come le parole
toccheranno il suolo
attenta a non spezzare
quell’equilibrio precario
tessuto con tanta fatica.
E ogni volta
il desiderio di annullare
il peso di quelle sillabe
scelte e cucite
con estrema cura
La speranza che arrivino
senza far male
perché non nascon mai
per ferire
ma solo per amare.
E ogni volta
il desiderio che la mia voce
si trasformi in piuma
che ti sfiori e ti accarezzi
come la brezza leggera
nelle sere d’estate.
È così difficile questo cammino,
eppure ogni giorno
quando giungo al bivio
la strada che scelgo
è sempre la stessa:
quella che conduce a te.
Scorro le dita sullo scaffale
nel mio spolverare quotidiano
fra volumi che sanno di un remoto
odoroso vissuto.
Scorgo libri scolastici che
mi sono appartenuti,
ora deposti,
ormai innocui.
Vecchie cartoline ammucchiate
come strati di vita
piccoli dettagli di viaggi
testimoni di deboli ricordi
che riaffiorano.
Scorgo un diario
dimenticato in un angolo
raggiunto dalla polvere.
Lo apro, riconosco la grafia.
Poche pagine scritte
pochi pensieri fissati sulla carta
una frase cattura la mia attenzione
e mi soffermo a leggerla:
9 giugno 2005
“Marta arriverà sabato con i bambini…
solo per qualche giorno… doloroso sarà il distacco.”
Una spada piena d’amore mi trafigge.
Sì, sarà doloroso babbo.
Piano piano si definiscono i contorni a evidenziarne i contenuti
Allineati come pastelli colorati in una scatola stinta
Gli anni trascorsi a voltarmi indietro per rassicurarmi di averli vissuti.
Nella mia tasca sinistra una pallina di vetro blu, a destra una mano fredda a riscaldarsi.
Sorrido e con la lingua provo ad incontrare il naso, che ricorda i profumi di neve e di legna bruciata, e gira nel cielo la ruota delle meraviglie, tocca terra e di nuovo su, tra sogni e nuvole bianche.
Le fotografie sbiadite appese ai muri pallidi di questa stanza, conducono voci silenziose che dimorano nelle mie profondità.
Sui marciapiedi d’asfalto qualche filo d’erba e un fiore giallo mi dimostrano la caparbietà della vita,
Mi sento fortunata spettatrice di uno spettacolo che mi accompagna, le sedie del teatro ancora vuote, nessuno sa che lo spettacolo è già iniziato… l’ingresso è gratuito
Nella melodia
danzo
e mi faccio suono
mentre scendo
nelle interiora che non conosco
Libera essenza
come di fumo ondulato
i coloriti suoni
leggera come soffio
il mio profondo
fino alla percezione
di impalpabile leggiadria
Lo sguardo dal fondo
tocca
prende e aggredisce
di graduale malvagità la consapevolezza
e assalta il buco dell’angoscia
quando lì
come di farfalla nel fondo
mi poso
Ancora una volta un pensiero mi sfiora… in alto, tra le nuvole una carezza mi raggiunge. Ogni momento di pace
è il segno della tua presenza. Questo tuo parlare è muto ma non importa:
interi discorsi posso ascoltare con le orecchie dell’anima. Posso vedere i tuoi occhi:
cambiano forma ogni giorno. Mi sento osservato da un fiore
o dai colori di un tramonto:
sei sempre tu che mi guardi. Tu sei l’esempio costante, la quotidiana dimostrazione di una bellezza che non accenna a svanire.
A è anestetizzato non si accorge di niente e non si accorge nemmeno che c’è qualcosa di cui accorgersi
B ha sentito dire che c’è qualcosa di cui accorgersi ma non vede niente
C vedrebbe anche ma ha deciso che si vive meglio senza guardare
D ha deciso di guardare ma preferisce far finta di niente per non dover pensare e poi vivere peggio
E ha visto e pensa di aver pensato ma non ha capito
F ha visto e ha pensato e ha capito ma gli va bene così e trova giusto così stop si fa così
G ha capito e non gli va bene ma gli conviene quindi shhh
H ha capito e non gli va bene e capisce che non gli può convenire davvero ma che fare eh niente pazienza
I ha capito e finalmente oooh uno che s’indigna ma non sa cosa fare o pensa che non può farci niente
L ha capito e s’indigna e pensa che saprebbe anche fare qualcosa ma tutto sommato ufff dai sceglie di no
M ha capito e s’indigna e frigna
N ha capito e s’indigna e protesta e urla ma lo fa comodamente da casa
O ha capito e s’indigna e protesta e urla in pubblico ma poi niente stop torna a casa
P ha capito e s’indigna e reclama i suoi diritti come se qualcuno dovesse riconoscerglieli
Q ha capito e cerca di partorire un’idea nuova e poi si ferma lì beh dai non è poco
R ha capito e capisce anche che bisogna magari anche provare a mettere in atto l’idea nuova
S ha capito e prova a fare veramente qualcosa ma non trova compagni è solo e non si può partire
T ha capito e prova a fare veramente qualcosa ma non trova compagni parte lo stesso ma è solo e fallisce
U ha capito e trova compagni e fa veramente qualcosa ma in maniera poco studiata e organizzata e fallisce
V ha capito ha pensato trova compagni si organizza fa la rivoluzione che però fallisce per maggior numero degli avversari
Z orro, ci vuole, Zorro, dai, buonanotte
Ti capita mai
di avere quel piccolo serpente
che striscia proprio in mezzo
ai pensieri del giorno?
Un giorno strano
pazzo e ventoso
e non sai cos’è
questa sensazione
è sottile ma pesante
soffoca la poesia
e tu scrivi ma non esce nulla
scrivi ma non esce
vorresti quel verso
che ti riempie la testa
e balla felice
tra un passo e l’altro
esci e cammini
e la sera si prende
i tuoi ricordi
un sussurro di vita
un sussulto di pagina
chiudi il libro
la storia è finita
domani ricomincerà
un domani passato
nel futuro ignoto
Non so chi sono perché non conosco sbarre.
Essere la scelta che mai chiamerò definitiva è un singolo passo che diventa cammino.
Non mi basto mai, piango, senza vergogna, rido, senza ritegno, ti aspetto, mentre sei qui.
Al malato lascio la guarigione ritenuta necessaria, al ricco la seta dei vestiti cui ha dato il compito di parlare per lui, al profeta le verità che si racconta, allo schiavo la sua bandiera.
Sono scalzo su questa strada, una nuova spiga di grano aspetta le mie dita.
Nel maggese dello spirito ti ho scritto nuove lettere, leggi le foglie, tra le nervature ho nascosto i nostri segreti.
Il futuro è passato saltando una fermata.
Noi ci baciavamo mentre l’orologio osservava la cena, in quel momento capì di essere inutile, perché il tempo che lui voleva imprigionare si dissolveva sull’unirsi delle nostre labbra.
L’amore è una salvezza, per manifestarsi ha bisogno della morte.
Non ho avuto paura di morire, sapevo che il primo nuovo respiro avrebbe portato alla voce il tuo nome.
La distanza consuma,
la mancanza accende,
il desiderio arde.
Le parole cessano.
La linea dell’orizzonte
crea un sorriso,
lì, in quella terra di mandorli e zagare.
Il vento accarezza
il confine tra sogno e desiderio.
Un silenzio eloquente
a volte le parole sono superflue.
Si bloccano sulle labbra,
gli occhi parlano.
Hai consumato chilometri,
pensieri,
ricordi,
emozioni,
si infrangono come onde sugli scogli,
davanti ai tuoi occhi.
All’imbrunire,
quando la notte prende il sopravvento,
nel silenzio di stelle,
maestosa, la Luna, si erge tra le nuvole.
Le tue labbra hanno colmato i dubbi.
Ricordi quelle terre conosciute,
di quei luoghi
che ti restano dentro, che senti di avere dentro.
Sai come si chiamano quegli spazi tra gli attimi e l’eternità?
La causa sta alla conseguenza
come l’intento alla rinuncia,
mi hai lasciato così
ora cerca ciò che hai perso.
L’amore cos’è?
Puoi chiederlo ai tuoi cristi
o alle conseguenze.
Non sei la somma del tuo passato
ma ciò che avanza del tuo futuro,
non ci penso lo vedo.
L’eremita ha capito: la vita
è un fatto personale,
sei sfortunato perché sei superstizioso
fortunato finché non lo sai.
Le donne si guardano in giro
gli uomini si guardano l’affare,
abbandona la tua idea di perfezione
troverai un’idea perfetta per te
se ti accorgi che tu sei l’idea.
Adesso taci e lascia fare a noi,
lascia fare agli eroi,
a chi ci sa fare,
fai passare gli eroi.
Se potessi dire
cosa sei per me
carme
lo urlerei
esanime,
con voce leggera.
Con sorriso ammaliato sulle labbra
osserverei quella colomba bianca
librarsi e sorvolare,
i cieli calorosi e benevoli.
Tu schiudi
le tue ali al vento
e voli alto
io alzo il capo
e guardo
e volo anch’io
dal mio canto,
dentro me.
E canta per me,
la tua voce
eterea e candida.
Sento i tuoi passi da lontano,
cadenzati come rotaie
frettolose.
Sento tintinnare campanelli,
pronti ad aprire usci
d’amore.
La tua voce mi riempie il petto,
sorseggio suoni
fresche risate
parole precoci
desideri espressi.
La mia mente è
uno spazio vuoto,
in cui entra solo
il tuo profumo.
Gli umori si confondono
attraverso la pelle,
il mondo è chiuso fuori
se anche stesse finendo
non ce ne accorgeremmo.
Io sono tuo territorio
spazio da esplorare,
tu sei lupo
che segue l’istinto,
insieme siamo
battuta e bosco,
fuga e rincorsa
preda e cibo.
Preda e cacciatrice io,
scaglio frecce e mi ferisco,
tu selvatico e attento
cogli segnali e li rimandi.
Adesso che il mondo
è davvero finito
siamo rimasti soli,
il pelo del lupo è ispido,
la mia geografia intatta
fino alla prossima volta.
Cammino su strade di ghiaccio
Ma il freddo è dentro
Nelle mani di chi chiede spiccioli Oh, quei tagli della vita Quel tintinnio nelle ossa
Cosa posso dire se non che
Mi manca Gesù Cristo
Il mattino ci avvolge nella seta
Che punge fino al midollo
Nella folla c’è il deserto
Non c’è sole negli angoli bui
Del cuore che non spera più
Il malato è in fronte a noi
Il malato siamo noi
Chiudiamo gli occhi all’innocenza
Per non vedere Gesù Cristo
Il pane è già raffermo
Il conto è salato
Come le bocche dei profeti
Questo magone scende piano
Nella gola di chi non aspira
Ad un’altra vita
Se c’è un’altra vita
Me lo dici all’orecchio?
Dimmi un po’ Gesù Cristo
Ascoltami Gesù Cristo
I cani corrono
Dietro a una fetta di veleno
Gli uomini rallentano
Nella loro immanenza
Sicuri? Sicuri così
Di cosa non si sa
Se non si sa che domani
Arriverà un Gesù Cristo
Sordo alla luce
Resta il mondo
Il mio è in silenzio
Mentre lo fanno a pezzi
Nella notte senza note
Una canzone, una preghiera
Manca più di prima
Come manca Gesù Cristo
La bellezza s’è perduta
Tra i puntini neri della cronaca
La luna è intermittente
Come gli occhi di chi non crede
Che un giorno ci sarà
Ma non ora, non è l’ora
Cosa fa Gesù Cristo?
Il bambino si sveglia
Assetato di latte e amore
Un killer si convertirà
Prima dell’omicidio
Quello che non vediamo
Si chiama mistero
Come ci si arriva
Me lo mostra Gesù Cristo
Il mio idolo è Gesù Cristo
Dalle chiese
Non s’ergono più croci
Solo fumo di vecchie braci
Il Padre non è più Nostro
Recitiamo versi a chicchessia
Un’auto mi passa accanto
Con dentro un fantasma
Rapido nell’incertezza
Fermo nell’ignoranza
Che non è qui un Gesù Cristo
La Parola!
La Parola non è mai banale
Quest’ordine è illusione
Incontrarsi nei vicoli del dolore
E chiamarsi alle armi
A lottare per un sogno
Di un cielo sopra tutto
Puro e lucente come quest’alba
Che nasce con un nome
Scritto a fuoco sulla pelle
Che dice Gesù Cristo
Che io dia qualcosa a qualcuno
Imperativo dell’anima!
Una mano – uno sguardo
Un segno dell’umanità
E dei tempi in fiamme
Mi son perduto e allontanato
Dalla vista di chi redime
E non so il perché
La porta si restringe
Il respiro vola a tratti
Il pensiero s’incatena
Posso solo dire ora
Che la vita è una ferita
Che la vita non è finita
Ma mi manca Gesù Cristo
Oltrepassando quel cancello,
tra percorsi impervi e sconnessi
e strade percorse controcorrente
Lì c’è la vita, quella vera.
Quella vissuta oltre misura,
dondolando su trame di ragnatela
quella che lascia segni sulla mani
sui corpi, sui volti.
Quella che ogni passo è traguardo
e quella
che traguardo è linea immaginaria
oltre la quale il baratro si fa possibilità.
Eppure quanta struggente bellezza tra quei muri di carta
su quei volti induriti
tra quei girotondi improbabili
sulle mani che si cercano e si intrecciano.
Disarmonie che si fanno splendore di luce
solamente se l’occhio sa dove guardare.
Piccoli gesti che profumano di umana bellezza
la prossimità trovata nell’aggrapparsi a una distanza.
Oltrepassando quel cancello
Sono conosciuta per la mia grande pazienza.
È un vestito che ormai mi calza a pennello e sembra starmi anche molto bene.
Ma in fondo questa qualità mi sta un po’ stretta.
E tutte le volte che la perdo è un dramma!
Allora frasi come “Non sembri neanche tu!”, “Non ti riconosco”, “Sei cambiata!” sono tipiche e così fastidiose da farmi fare un bel respiro e ricompormi velocemente.
Ho imparato così a tenermi tutto dentro.
Un bel sorriso e una calma quasi angelica spesso nascondono tormenti e angosce per le quali non saprei neanche che colori utilizzare…
Piccola mia è proprio quello che sta accadendo ora, mentre stai affrontando una delle prime delle tante prove e difficoltà che la vita ti farà incontrare.
E l’attesa è veramente logorante e snervante.
Quanti pensieri e conclusioni che poggiano solo su ipotesi e idee…
Ed è qui che torna in gioco il mio bel vestito sempre pulito e ben stirato, pronto all’uso.
Se dovessi sceglierne il colore credo sarebbe blu, anzi azzurro come il cielo che ci ricorda di non perdere mai la speranza.
Ed è con questo bel vestito che aspetto paziente il tuo ritorno con il cuore colmo di amore e tenerezza.
Un diamante
può davvero scindere lo sguardo
in innumerevoli specchi luminosi
riflettendo una gioia momentanea.
Un viaggio
può inevitabilmente accorpare
alle mappe interiori
la bellezza di entusiasmanti novità.
Una cena romantica
può sintonizzare una perfetta armonia
ai sensi
assegnando a quel giorno
una stella nel calendario.
Piccole gioie
guadagnate con gran fatica.
Possono cambiare
la frequenza dei battiti del cuore.
Ma niente,
ripeto niente,
sarà comparabile
con l’anima che riconosce se stessa
leggendo dei Versi che le appartengono.
Quelli su misura.
Aderenti alle fragilità.
Si può perdere tutto
ma non quest’angolo d’eternità
che viaggerà nel tempo
anche dopo di te.
A me piaceva trovarMi.
Nei Tuoi.
