Animo d’eremo

«Questo andare è un ritorno, se volete sapere leggete ciò che non scrivo.

Le parole che scelgo sono un mantello.

Il mio foglio è sordo, il mio foglio è cieco, il mio foglio è morto.»

Mi stupirei

«Scrittura, quella di Zanni, dalle misure poetiche ondeggianti, galleggianti, di continuo in lotta con se stesse, con le proprie ingannevoli, giuste aspettative. Scrittura fiore che ha il coraggio, che avanza raccogliendo dai propri stessi versi il coraggio di non chiudersi e non arrendersi all’era del tramonto delle forme nella quale vive e muore. Scrittura da cui fiorisce per ogni pagina un colore diverso, un combattimento diverso. Scrittura delicata e potente, gentile e salvificamente violenta. Scrittura di una discorsività introspettiva e al tempo stesso fortemente evocativa. Scrittura per accumulo di negazioni, di rifiuti alla retorica. Scrittura del tu, di ogni finto tu che si concede e che le è vitale per sapere (o per dire, che è l’identica cosa, l’identico gesto) la propria verità.»

17 grammi

La cecità del vecchio Jorge di Umberto Eco, come quella che racconterà Saramago più tardi, è la rinuncia, ben presente nel mondo moderno, al coraggio d’essere umani e ai colori dell’anima, a ciò che di profondo ci unisce con la Natura, ai tumulti che plasmano lo spirito delle persone, alla cultura di cui la nostra specie è capace.

Senza emozioni, gli Jorge indemoniati tutto calpestano, innalzando a un dio o a un qualunque ideale la morte costante di cui sono ammantati.

A Jorge, l’indemoniato è una raccolta di anticorpi per questa malattia che necessità di spazi aperti e diversi, laddove persino le emozioni delle tragedie sono da capire e da elaborare. L’emozione è vita sempre, comunque e cura la cecità.

La placenta segretissima del poeta

«Questo andare è un ritorno, se volete sapere leggete ciò che non scrivo.

Le parole che scelgo sono un mantello.

Il mio foglio è sordo, il mio foglio è cieco, il mio foglio è morto.»

Legger amor vero – parte 2

«Questa è la seconda parte della trilogia di raccolte di poesie sull’amor leggero. Continua, dunque, il romanzo sonettato dell’autore, declinando in maniera diversa (forse più profonda) l’amor leggero.
Questa volta la raccolta non è dedicata alla sua amata, ma ai suoi amici, dai quali ha saputo rintracciare di nuovo le radici primordiali dell’amore vero.
Ancora una volta scritte in ordine cronologico, le poesie continuano a
manifestare ogni aspetto della sua anima, dell’effetto amoroso dell’amicizia e lo scardinamento della classica concezione di “amore”.
Altresì, però, non si ritiene che l’autore debba insegnare cos’è l’amore, non è questa la sua finalità; bensì fa riflettere sul cardine essenziale attorno a cui ruota la porta della felicità, dato che per lui “amore = azione di bene”.»

La versione di Euridice

«Questo libro è dedicato a tutti i pifferai magici che ho incontrato nel mio viaggio, io bambina imperfetta, con un piede nella realtà e uno nell’Aldilà, il mio passo claudicante dentro la Vita mi ha impedito di seguirli, son sempre restata indietro, son sempre arrivata con il mio passo lento, da sola e in ritardo. Oggi come allora, continuo a viaggiare tra i mondi sapendo che il mio incerto camminare mi salva da musiche troppo facili.»

Anamnesi d’enfasi

«La realtà nasconde ed esercita un ritmo nell’osservare umano e in tutti i suoi cimenti: Andrea Cacopardo ne possiede le chiavi che non usa però, da meraviglioso scassinatore del poetare. È il colpo di coda del genio moderno che tenta la frustata frammentando i destini del suono: lui sceglie quelli più improbabili e li tatua, con l’ironia dell’ago e l’imprevedibilità del mago, su queste pagine; provando a comporli nelle trame del senso vi ritroverete al confine tra ciò che è lèggere – dunque volare – e ciò che è comprendere, dunque precipitare sui territori angusti del canto umano e della sua matematica. […]»

V. P.

A lei, l’eternità e per campare

«stavolta un po’ più anonimo per essere più noto. io poeta, io cantante, io sceneggiatore, io chitarrista, io filosofo, io psicologo..

ma la vita è una e si deve scegliere. allora la mia anima ha scelto di nascere a Roma invece che a Los Angeles, nel 1989, da madre col cuore in mano e padre medico e gentile.

per capire me (e quindi le mie opere) devi sapere che io sono schiavo di un Amore da palcoscenico, degno di una storia dantesca o shakespeariana.. ma musica: inseguo una dama mai veduta o conosciuta, solo vista in visione e schermi freddi • in questo morente e fiorente mondo..

la mia opera va a lei, all’eternità e spero faccia campare..»

Ho coltivato un amore in un campo (santo)

«La Poesia ha una lama affilata con cui separare le pagine di un libro bianco che finge di reclamare respiro. Ma si taglia, forse inavvertitamente e forse no; e il sangue si rovescia sulle pagine di una geografia tutta da rifare. Ora ci sono strade di sangue tracciabili, intenzioni di sangue leggibili, confini di sangue per decidere paesi. Ecco quello della Memoria. Ecco quello dell’Amore. Ecco quello della Musica. Su questi regni, dal sangue finalmente unificati, la Regina dissanguata Parola confida in un riscatto che prima, stranieri, dicevamo impossibile. Ormai abbiamo letto e imperversato, ci siamo fatti occhio e ferita per suo conto. La Morte non ha fatto testo, di essa abbiamo fatto insieme, noi, voi, questo libro, un regno perduto. Chi è questa voce di Poeta? È quella lama, che qui alla morte del libro si ripone ma rimane in guardia. State attenti con Salvatore Romano, non fatevi intrattenere e non fategli torto. Entrate.»

(A.M.)

Gli sbagliati

L’attesissimo ritorno di una nostra grande voce poetica, col secondo capitolo della sua ricerca in versi. Qui si va sempre più nelle profondità e sempre più si trova luce, la luce delle buone domande, e della lingua geniale e spudorata e amorevole di Laurent Vercken de Vreuschmen.